Tartufi, la sfida tra i 'diamanti della cucina'


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Nero o Bianco, ma che sia tartufo pregiato

Comincia venerdì la 48.ma mostra nazionale di Norcia g

di Maurizio Righetti

E’ una disputa annosa, inestricabile. E le bocche cucite, stavolta, non aiutano a dipanarla. E’ meglio il tartufo bianco o quello nero? Due elementi farebbero pendere la bilancia dalla parte del primo: costa di più e non ha significative “versioni” di livello inferiore che ne facciano scendere la qualità media complessiva. Ma sono argomenti, sul piano tecnico-scientifico, assolutamente inconsistenti. Se il prezzo fosse l’elemento decisivo, allora dovremmo dire che il camembert è meglio del pecorino sardo, che lo champagne surclassa lo spumante, che il prosciutto spagnolo sbaraglia quello italiano. Sciocchezze. Ad incidere sul costo finale (comunque alto per le migliori varietà di tartufi, tanto bianchi che neri, per le pezzature più grandi si oltrepassano i mille euro al chilo) ci sono svariati fattori: quantità, facilità di reperimento, ubicazione dei luoghi di produzione, maggiore o migliore coltivabilità e conservabilità. E tantissimi altri. Quanto al confronto diretto, andrebbe fatto tra le eccellenze: per il Bianco il “Tuber Magnatum Pico”, meglio noto come Tartufo Bianco di Alba, per il nero il “Tuber Melanosporum”, più conosciuto come Tartufo Nero di Norcia.

Del bianco ci sono varietà meno pregiate, ma il nero - purtroppo per lui - ha "copie" che gli somigliano solo (e nemmeno tanto) per forma e colorazione. Spesso - è un dato, non una linea difensiva - per Nero di Norcia viene spacciato il “Tuber Aestivum”, volgarmente chiamato scorzone, che è buono, sì, ma sta al “Melanosporum” come l'acqua all'ambrosia (e qualcosa di più si potrebbe fare perché la differenza risulti chiara al consumatore prima dell'acquisto o della degustazione).

Confronto impossibile, allora? In termini relativi sì, perché i sapori, e anche la loro consistenza, e per conseguenza le lavorazioni culinarie, sono diverse. In assoluto, e senza pregiudizi, si potrebbe dare ad entrambi il massimo dei voti nella gerarchia gastronomica. Non per nulla, già nel primo Ottocento, il cuoco francese Brillat-Savarin definiva il tartufo "diamante della cucina"; per Gioacchino Rossini era “Il Mozart dei funghi”, mentre Lord Byron lo teneva sulla scrivania perché il profumo lo aiutasse a destare la sua creatività e Alexandre Dumas lo definì il “Sancta Santorum della tavola”. Come potrebbe finire la competizione sul ring del gusto? Uno a uno: più forte e deciso il sapore del Bianco, più elegante e delicato quello del Nero.

Di certo ognuno di questi sontuosi tuberi esalta ancora una volta la qualità produttiva di tutto il paese e la sua eccelsa arte della tavola. Alba del Piemonte non sarebbe così rinomata, ma nemmeno Acqualagna, nelle Marche, altra zona dove si trova il Bianco. Norcia, capitale del Nero, forse sarebbe nota lo stesso. Qui, e in tutto il comprensorio della Valnerina, si dimostra che può esistere davvero un "genius loci": tra arte e cultura, santità (Rita e Benedetto, campioni assoluti nel loro ambito), svariati altri prodotti alimentari 'dop' o comunque di gran pregio (zafferano, lenticchie, farro, salumi e formaggi), ricchezze architettoniche e ambientali, salubrità dell'aria (non per nulla società calcistiche, e non, di prestigio anche internazionale effettuano da queste parti la loro preparazione precampionato), strutture ricettive di primissimo ordine, il mix è completo per ogni tipo di visita o vacanza. Resta, però, che il tartufo nero esalta ancora di più Norcia e dintorni e che la Francia, con la sua Truffe du Perigord, e ancora più la Cina (sì, proprio la Cina), che sta tentando abbastanza maldestramente di riprodurre il Nero, devono inchinarsi alla superiore nobiltà di questo lembo dell'Umbria, ma, in genere, dell'Italia.

La sfida si rinnova alla Mostra Mercato Nazionale del Tartufo nero pregiato di Norcia
Nei prossimi due week end lunghi (dal 18 al 20 febbraio e dal 25 al 27 febbraio) "ebano" e "avorio" disputano l'ennesimo turno del loro campionato a due. Stavolta si gioca in casa del Nero. Con spazio a volontà anche per le tante varietà, comprese le migliori, del Bianco. A Norcia c'è una delle rassegne alimentari più conosciute, attese, consolidate e visitate del paese: la 48.ma edizione della “e dei prodotti tipici”, oggi chiamata, per efficace sintesi dettata dai ritmi moderni, “Nero Norcia”. E’ ormai un punto di riferimento insostituibile per gli operatori del comparto che attira migliaia di visitatori e turisti provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero.

Centro storico popolato da oltre 200 stand
La formula, ormai pienamente collaudata, mira a promuovere le eccellenze agro-alimentari per rilanciare l’offerta economica e turistica locale e regionale, e prevede iniziative collaterali di carattere ricreativo e socio-culturale per tutti i gusti e per tutti i target. Il legame con l’agricoltura e i suoi prodotti sarà anche quest’anno un “comandamento” della rassegna, che continuerà a valorizzare concetti di filiera corta, di genuinità e salubrità della materia prima. La Mostra Mercato si snoderà nel centro storico, tra la piazza principale e le vie limitrofe, dove saranno allestiti oltre 200 stand dedicati ai prodotti tipici. Percorsi nei quali immergersi in pieno. E rilassarsi o perdersi. A scelta. Per avvicinare il pubblico ai sapori e ai saperi genuini del luogo, raccontare e promuovere il territorio come vero giacimento goloso e culturale, nel corso delle sei giornate della manifestazione sono previsti momenti di incontro ed eventi finalizzati a sottolineare gli aspetti culturali complementari alle attività locali, a fare il punto sull’economia, sulla qualità alimentare, ma anche sui servizi.

C’è il ministro Galan. E il gemellaggio coi vini della Puglia
Durante la mostra, che sarà inaugurata dal ministro delle Risorse agricole Giancarlo Galan, sono previsti anche dimostrazioni dal vivo degli antichi mestieri (dalla lavorazione della carne suina, che a Norcia annovera maestri artigiani d’eccellenza, a quella del ferro; dall’intaglio del legno alla realizzazione di cesti di vimini; dalla tessitura alla selezione della lana alla preparazione del formaggio); approfondimenti culturali e spazi di intrattenimento (il comico Giovanni Cacioppo; i cuochi della trasmissione di Rai 1 “La Prova del Cuoco”, Mauro Improta e Marco Bottega; Miss Italia 2010 Francesca Testasecca, madrina della manifestazione). Regione protagonista dell’annuale “Incontro di Sapori” sarà la Puglia con i suoi vini “neri”. A Nero Norcia ce ne sarà per tutti. Da non perdere anche gli appuntamenti di showcooking finalizzati a promuovere, oltre ai prodotti tipici locali, le ricette tradizionali che prevedono il loro impiego o che ne esaltano la qualità attraverso accostamenti inediti, con l’approfondimento dei temi relativi alle qualità nutrizionali da parte di studiosi del settore e chef di primo livello. Su un palco ci sarà una cucina attrezzata che preparerà in tempo reale piatti d’autore e abbinamenti culinari, alcuni in prima assoluta.

Ma che cos’è il tartufo nero?
Norcia è la città prima in classifica per la produzione del Tuber Melanosporum, il tartufo nero più pregiato sul mercato, protagonista di molte ricette di cucina internazionale e oggetto di esportazione attiva dall’Italia. Si tratta di un fungo ipogeo dalla forma per lo più rotondeggiante, ma a volte anche irregolare e lobata. La sua pezzatura è variabile, da una nocciola ad una grossa patata, e solo eccezionalmente assume dimensioni maggiori. Di colore nero-bruno, tendente al violaceo o al rossiccio, presenta una superficie con verruche piramidali ad apice depresso e con venature biancastre. Il suo profumo, percepibile da lontano, è aromatico e fruttato, particolare e gradevole ed il suo sapore è squisito, tanto che viene chiamato anche tartufo nero “dolce”. Il corpo fruttifero del tartufo è particolarmente ricco di proteine, sali minerali, sostanze azotate, acidi organici, materie grasse, idrati di carbonio e cellulosa; quindi il suo valore nutritivo è di gran lunga superiore a quello di qualsiasi vegetale e anche degli altri funghi epigei, i quali, vivendo in superficie, sono più acquosi e meno prelibati. Non è dunque casuale l’attribuzione della denominazione di “carne vegetale”. Il tartufo presenta anche proprietà medicamentose tanto che in passato veniva usato, sotto forma di sciroppo, per curare qualsiasi tipo di dolore, oppure come antinfiammatorio, sotto forma di pasta. Al tartufo si attribuisce anche potere afrodisiaco. Ma è una qualità tutta da dimostrare.

In diversi ambiti la raccolta è libera
Il prezioso tubero cresce in zone collinari e montane per lo più esposte, in prossimità di roverelle, farnie, lecci, roveri, carpini neri e noccioli. Predilige terreni calcarei, ricchi di scheletro, ben drenati ed alcalini. In Italia si trova prevalentemente nell’Appennino centro-settentrionale ed il nursino è notoriamente il suo habitat ideale. Le tartufaie, chiamate anche “pianelli” o “cave” o “cerchi delle streghe”, sono caratterizzate dall’assenza pressoché totale di vegetazione erbacea.La legge stabilisce che la raccolta dei tartufi è libera nei boschi, nei terreni non coltivati e lungo gli argini dei corsi d’acqua classificati pubblici. Le tartufaie private devono invece essere delimitate da apposite tabelle. Ai cavatori la legge prescrive l’obbligo di ottenere un’autorizzazione rilasciata, previo il superamento di un esame, dalle Comunità Montane. Il tartufo individuato dal fiuto del cane (il tartufaio non ne può portare con sé più di due) può essere estratto dal suolo con l’ausilio di una “vanghella” o di uno “zappetto”, evitando di raccogliere quello immaturo o avariato. Al termine dell’operazione, le buche devono essere sempre accuratamente ricoperte.

Accostamenti sempre più audaci
Norcia, da sempre patria del tartufo nero, offre una gamma molto vasta di piatti preparati con questo prezioso prodotto vegetale che, nonostante la sua raffinatezza e la sua nomina di “re della tavola” per la sua bontà ed il suo prezzo (che varia a seconda dell’andamento stagionale, dei quantitativi raccolti e della richiesta del mercato), è molto usato anche nelle ricette più popolari: crostini, spaghetti al tartufo, frittata e filetto ai tartufi, trota ed insalata tartufata, agnello tartufato,.. e persino dessert al tartufo. Negli ultimi anni le industrie casearie, ma anche le pasticcerie locali, si stanno adoperando per creare prodotti dal sapore unico, inserendo piccole dosi di tartufo.

Prodotto conosciuto da cinquemila anni
Del tartufo si parla da 5000 anni. I re babilonesi lo ricercavano tra le sabbie del deserto. Per secoli la natura e l’aspettosono stati oggetto di dispute ed ipotesi di scienziati e filosofi: il filosofo Teofrasto (III sec. a.C.) lo considera il figlio delle piogge d’autunno e dei tuoni; lo storico Plutarco, (II sec. d.C.), collega la nascita del tartufo alla fusione di tre elementi: fulmini, acqua e terra; Plinio il Vecchio lo definisce “miracolo della natura”. Il tartufo di Norcia è citato anche nel romanzo di Umberto Eco, ambientato nel lontano 1327, “Il nome della rosa”. Generalmente il tartufo nasce quando l’acqua o semplici insetti della terra trasportano le minuscole spore di questo “fungo speciale” sulle radici di normali alberi. Sulle radici cominciano a comparire i primi tubercoli (rigonfiamenti) e questo indica che il tartufo vive già in simbiosi con la pianta: si dice che è avvenuta la micorizzazione. Nel 1700 il naturalista francese Georges Buffon piantò alcuni tartufi neri vicino alle radici di una quercia ma il suo esperimento si tradusse in un insuccesso. Oggi, però, c’è anche il tartufo fai da te. Nasce in giardino o sul terrazzo di casa. Il procedimento è molto semplice: le spore mature dei tartufi, utili alla riproduzione, si inoculano nelle radici di piantine di betulla, pioppo, quercia .. e dopo una decina di mesi si controllano al microscopio i risultati. Ma solo dopo tre anni la pianta diventa tartufigena, ossia comincia a produrre tartufi che potranno essere raccolti tra il 4°-5° anno. Il tartufo soffre più per l’umidità che per la siccità. I migliori terreni sono quelli argillosi e calcarei, poco profondi, perché idonei a favorire lo sviluppo delle radici superficiali in senso orizzontale e non verticale.Il Tartufo invernale nero si distingue dagli altri, oltre che per l’aroma caratteristico, per la sua carne (o gleba) nera, per le venature grigie. Tutti gli altri, invece, presentano una carne bianca o nocciola gialletta. Basta quindi scalfire la corteccia per vedere cosa ci offre l’interno.

Il Tartufo Bianco di Alba
Il Tuber Magnatum Pico o Tartufo Bianco d'Alba, in dialetto "trifola", matura nel periodo compreso da settembre a dicembre ed è di un colore giallo paglierino scuro con un profumo molto intenso dalle particolari sfumature. L'aspetto esteriore del tartufo pregiato bianco è simile a quello di una patata dalla forma molto irregolare; le sue dimensioni possono variare da quella di una noce a quella di un pompelmo. Cresce e si sviluppa nei boschi di querce, noccioli, pioppi, roveri, salice bianco, tiglio, cerro e carpino da settembre a dicembre; il terreno ideale ha una composizione abbastanza calcarea ad un'altitudine che non supera i 600-700 metri sul livello del mare e caratterizzato da una discreta umidità anche nei mesi più caldi. Il terreno non deve essere in piano, questo per evitare i ristagni d'acqua, e non deve avere alte percentuali di fosforo ed azoto. Ha l'aspetto di un tubero composto all'interno da una parte carnosa chiamata "gleba" e da una parte esterna che ricopre il tartufo come fosse una corteccia, denominata "peridio". Ha un'alta percentuale d'acqua, caratteristica questa in comune con tutti gli organismi vegetali, fibre alimentari e sali minerali in abbondanza ricavati dal terreno grazie alle radici dell'albero. E' possibile avvertire il tipico profumo del tartufo solo a maturazione avvenuta; questo per attirare gli animali del bosco affinché se ne nutrano e possano spargere così le spore per la perpetuazione della specie.

“Frutto” speciale e impossibile da riprodurre
L'Italia è uno dei principali paesi di produzione di tartufi ed il paese in cui si possono trovare tutte le specie di tartufi, pregiate e meno. Negli ultimi anni, soprattutto in Italia e Francia si sta tentando la coltivazione del prezioso tubero, ma i risultati, per il Bianco, sono stati molto deludenti.

Il nome latino del tartufo bianco si deve ad un medico piemontese di Torino, Vittorio Pico, che per primo ne fornì una spiegazione scientifica; l'esistenza del tartufo è conosciuta fin dai tempi più antichi ma è solo del XVI sec. La sua classificazione nella famiglia dei funghi. Nel 1929 nasce la più importante rassegna annuale dedicata al tartufo bianco: la fiera nazionale di Alba che si svolge tra ottobre e novembre