Il conflitto sul tempio di Preah Vihear si inserisce nel contesto della crisi politica thailandese, che da anni vede una spaccatura netta tra i ceti rurali e medio-bassi e il mondo della borghesia cittadina. I primi sono fedelissimi al movimento populista, fondato dall’ex premier Thaksin, destituito nel 2006 e da allora in esilio. I secondi appoggiano l’attuale premier Abhisit Vejjajiva, sostenuto anche dall’esercito e dai nazionalisti. Abhisit ha annunciato che le elezioni politiche si terranno “con ogni probabilità entro luglio”. Ecco allora che l’inviolabilità dei confini diventa un tema di pre-campagna elettorale.
“La classificazione di Preah Vihear quale patrimonio dell’umanità è stata sfruttata dai nazionalisti thailandesi, nell’ambito del loro conflitto interno con i sostenitori dell’ex premier Thaksin”. E’ quanto dichiara a Televideo Tom Fawthorp, da 25 anni corrispondente per il Sud-est asiatico per giornali in lingua inglese, quali The Guardian, The Economist, South China Morning Post.
“A beneficiare del riconoscimento Unesco sarà certamente il turismo in Cambogia, ma solo dopo il raggiungimento di un accordo di pace. Oggi il tempio è solo un ostaggio dell’instabilità politica thailandese e delle elezioni preannunciate per luglio”.
“Il governo di Bangkok appare indebolito: di conseguenza vuole disperatamente dimostrare di essere abbastanza forte non solo da difendere i confini, ma anche da portare avanti le sue rivendicazioni territoriali”.
“E’ evidente che il dialogo bilaterale è a un punto morto. La Thailandia ha paura di dover consentire la mediazione dell’Onu o di soggetti terzi”. “Si tratta di un atteggiamento tipico dei nazionalisti thai, che alle prossime elezioni, per la prima volta, dovrebbero correre con un loro partito”, conclude Fawthorp.