Il “Sacro santuario” (tale la traduzione di Preah Vihear) è, dopo il tempio di Angkor, il più spettacolare tra quelli costruiti dall’Impero Khmer. La dinastia Khmer regnò dall’802 al 1462 su buona parte del Sud-est asiatico. Nel momento di massima espansione, occupò Cambogia, Laos, parte della Thailandia e del Vietnam.
Il primo nucleo del tempio fu eretto nel nono secolo e dedicato al dio induista Shiva. Il suo sviluppo maggiore si ebbe però nei due secoli successivi, quando gli imperatori Khmer si allontanarono dall’induismo e aderirono al buddismo mahayana. L’edificio sorge in cima a un’alta falesia facente parte della catena dei monti Dangrek. Il dirupo divide un altopiano thailandese da un’impervia zona montana posta in Cambogia. Da qui le difficoltà di accesso per le persone provenienti dal Paese cui il monumento oggi appartiene. La falesia è lo spartiacque naturale tra le due Nazioni, ma le carte geografiche del 1907, sottoscritte dal Siam (l’odierna Thailandia) e dalla Francia (di cui la Cambogia era una colonia), fanno passare il confine poco più a Nord, includendo la totalità del tempio nel territorio coloniale francese.
Per decenni, la Thailandia non contesta la demarcazione territoriale. Ma nel 1954, subito dopo il ritiro delle truppe francesi, l’esercito di Bangkok si impadronisce del tempio.
La Cambogia, da poco indipendente, si appella alla Corte internazionale di Giustizia. Tre anni dopo, con una maggioranza di 9 a 3, i giudici dell’Aia le danno ragione, ma si astengono dal delineare il tracciato definitivo del confine. L’arbitrato sottolinea come le autorità thailandesi abbiano sempre accettato le carte del 1907, senza mai sollevare l’anomalia di una frontiera che non tiene conto del suo spartiacque naturale.
Dal 1962 in poi, le sorti del tempio seguono le vicende della Cambogia: le mostruosità della dittatura di Pol Pot, invasione vietnamita, guerra civile e pacificazione.
La questione dell’appartenenza di Preah Vihear ritorna d’attualità solo nel 2008, quando l’Unesco lo dichiara patrimonio mondiale dell’umanità, accettando la proposta formulata dalla Cambogia ma avallata dalla Thailandia. La scelta si basa sull'eccezionale qualità dell'architettura e dello stato di conservazione del sito e della natura che lo circonda. In particolare, si sottolinea la purezza degli ornamenti, che fanno del tempio un "capolavoro dell'architettura khmer". Non si hanno invece notizie sulla valenza religiosa che l'edificio, da secoli abbandonato e parzialmente in rovine, possa avere avuto negli ultimi cent'anni.
A giugno, l’Unesco dovrebbe discutere un piano di sviluppo turistico per il tempio presentato dalla Cambogia, per la quale l’edificio simboleggia i fasti del suo passato sotto l’Impero Khmer.