‘E’ tutto per stasera’

Quando la politica entra nei Tg emilio_rossi_296

di Rita Piccolini

La lezione di Emilio Rossi nel libro autobiografico, uscito postumo due anni dopo la morte, e raccontato a Viale Mazzini alla presenza di coloro che fecero grande la Rai : “E’ tutto per stasera. Quando la politica entra nei Tg”. Edito da UCSI,RAI ERI, CDG. Il primo direttore del Tg1 dopo la riforma del 1975 è stato ricordato da Biagio Agnes, Ettore Bernabei, Fabrizio Del Noce, Paolo Garimberti, Jas Gawronski, Arrigo Levi, padre Federico Lombardi, Andrea Melodia, Emmanuele Milano, Roberto Natale.

Emilio Rossi narra la sua vita professionale dalla Rai di Genova, alla Segreteria programmi di Bernabei, alla direzione del Tg1. Il volume è il testamento di un’intensa esperienza dominata sempre da un’idea forte di servizio pubblico che, nonostante fosse bersagliato da mille tentazioni di parte, osservasse una sola regola: esercitare le proprie funzioni al meglio nell’interesse di tutti, nel pieno rispetto della politica, ma senza sottomettersi ad essa.

“Facciamo vedere che siamo giornalisti, non burocrati”. E’ l’esortazione di Enzo Biagi quando nel 1961, assunto da Bernabei, approdò alla direzione del telegiornale. L’autore comunica emozione ed entusiasmo nel descrivere quel periodo. “Furono mesi di emergenza quotidiana, ma anche di scuola professionale veramente straordinaria. Ogni mattina per tutti riunione alle 9. Obbligatorio essere puntuali. Quasi altrettanto aver già letto i giornali e arrivare con proposte fresche, attraenti…venire incontro alla gente, coinvolgerla, soddisfarne le curiosità e i sentimenti, scaldarle il cuore”.

E così si dipana il racconto della vita del giornalista nella più grande azienda culturale del Paese, dagli esordi fino all’ esperienza umana e professionale più importante e impegnativa, quella di direttore del Tg1, subito dopo la legge di riforma della Rai del 1975. Esperienza lunga, si protrasse fino al 1981; proficua, attraversò momenti importanti e terribili della storia nazionale e internazionale: dagli anni di piombo e il sequestro e l’uccisione del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, alle vicende vaticane che nel solo 1978 videro la morte di due pontefici e l’ elezione di Karol Wojtyla; drammatica: Emilio Rossi fu “gambizzato” nel1977 dalle Brigate rosse e pagò con un lungo ricovero e molte sofferenze il suo impegno di giornalista al servizio del grande pubblico ma “schierato”, nella logica aberrante dei suoi carnefici, con la DC.

Siamo nel 1975. Nuovo direttore generale della Rai riformata è Michele Principe. Impazza il “toto- nomine” fino in autunno, quando inaspettatamente per Emilio Rossi, arriva la nomina alla direzione del Tg1. Andrea Barbato sarà al Tg2. Tre direttori per le testate radiofoniche: Sergio Zavoli, Gustavo Selva e Mario Pinzauti. Si comincia a parlare di lottizzazione, a volte in modo più “soft” di zebratura. Che pensare della riforma? Si chiede l’autore. Determinante fu “la maturazione della società italiana, l’aspirazione al pluralismo, l’insofferenza verso l’egemonia democristiana”. Questi gli aspetti positivi.

Ma scrive ancora Emilio Rossi: ”Nella Repubblica dei partiti, padroni della Rai divennero quasi formalmente i partiti…Un regresso? Difficile sostenerlo. Dalla nascita, nel 1954, la televisione italiana era stata sotto l’ala del governo e del partito di maggioranza relativa…Palesemente velleitaria e/o sovvertitrice sarebbe stata però la pretesa di radere al suolo, perché oppressiva, la normale struttura aziendale con le sue funzioni, i suoi livelli gerarchici, le sue linee di responsabilità…Positivo, anzi doveroso l’ampliamento degli orizzonti in direzione pluralistica. Illusoria la prospettiva che bastasse piantare bandierine e non occorresse piuttosto puntare sul risultato” . L’interrogativo centrale, riguardo alla filosofia del servizio pubblico radiotelevisivo, è proprio questo secondo Emilio Rossi: “La pluralità dei punti di vista si esprime meglio autorizzando una pluralità di reti o testate a inalberare ciascuna il proprio vessillo o invece assicurando equilibrio e pluri- rappresentatività dovunque, all’interno di ciascuna rete o testata?”. Il dibattito è tuttora aperto e più acceso che mai.

Certo dalla lezione di Emilio Rossi si apprende che l’autonomia e l’onesta intellettuale sono per tutti, ma soprattutto per chi lavora nel servizio pubblico, qualità imprescindibili. E poi l’umiltà, la voglia di comprendere e approfondire le dinamiche sociali, con la consapevolezza che la maggior parte degli italiani viene informato tuttora dalla Tv generalista, persino le nuove generazioni, nonostante l’avvento del web.

Dall’intervento di tutti i commentatori emerge un dato comune: la certezza che questo libro sia importante per tutti gli addetti ai lavori e la nostalgia per una “età dell’oro” della televisione, quella degli anni Sessanta e Settanta, in cui non solo nelle trasmissioni giornalistiche, ma anche in tutti i programmi, compresi quelli di intrattenimento, venivano impiegati i più grandi professionisti, dai giornalisti agli autori, dai registi agli attori, dai musicisti ai grandi del varietà. Si respira una certa aria di “Amarcord” nella grande Sala degli arazzi di viale Mazzini. La qualità dei programmi e quindi l’eccellenza dei professionisti incaricati di realizzarli, vinceva allora comunque su tutto.

“Che non sia solo nostalgia –esorta in conclusione Roberto Natale, presidente della Federazione Nazionale della Stampa- ma programma di lavoro per una grande azienda in cui conti più il “chi sei” che il “con chi stai”. Certi valori non invecchiano dice Natale, e il nesso tra la una Tv generalista di qualità e la democrazia è un valore per il quale battersi.

Il presidente Garimberti, emozionato per essere seduto tra due grandi della televisione, Bernabei e Agnes, ricorda le qualità di quell’epoca televisiva e quelle personali di Emilio Rossi, tra cui la semplicità e l’immediatezza che si evince anche nella scelta del titolo del libro: “E’ tutto per stasera”. Dice Garimberti: ricorda Cronkite, il grande giornalista televisivo americano che concludeva le trasmissioni giornalistiche, anche le più drammatiche, con un “così è andato il mondo oggi”.