>La fotogallery
Il simbolo di Zagabria è un cuore rosso perché, secondo la loro tradizione, la capitale croata si trova al centro dell’Europa. Visto che di cuori se ne intendono, proprio nella parte alta (e più romantica) della città, è stato inaugurato da qualche mese il “Museo dei cuori infranti”, traduzione un po’ ruffiana del “Museum of broken relationships”, una singolare e deliziosa collezione permanente di opere e reperti che testimoniano la fine, burrascosa o meno, di rapporti affettivi. Tanto che, per quattro anni, sulle pagine di molti giornali di tutto il mondo, come il Guardian, il New York Times, Der Spiegel, nella televisione statunitense Nbc, campeggiava il seguente annuncio: “Se avete un cuore infranto, venite a Zagabria, Croazia”. E proseguiva : “Vi state chiedendo come superare il dolore di un amore finito? La risposta è semplice: la trovate al Museo!” . Fin qui gli slogan. Socrate diceva che “gli amori più bollenti finiscono nel modo più gelido”. E forse per ricordare che “non bisogna piangere ogni volta che il sole tramonta”, ma che “per fermare le lacrime basta guardare le stelle”, all’angolo della romantica piazza di Santa Caterina, al piano terra del palazzo della famiglia Kulmer, fa bella mostra di sé uno dei musei più originali del mondo, uno dei pochi, peraltro, in cui gli oggetti sono esposti senza protezione alcuna, tanto da poterli anche toccare, nonostante il divieto di farlo.
CUORI ROSSI SU SFONDI BIANCHI
E’ tutto bianco, il “Museo dei cuori infranti”. Sulle pareti e sui piani espositivi campeggiano oggetti vari, quasi fosse un negozio dell’usato che vende a prezzi astronomici beni di nessun valore, ma venduti a cifre da capogiro perché per ogni possessore costituivano delle personali opere d’arte: una bicicletta usata, un polveroso coniglio di peluche , un abito da sposa, un collare per gatti, pezzi di uno specchio rotto, lettere, dipinti. Sono oggetti che non hanno alcuna particolarità che ne giustifichi una pubblica esposizione. Non è l’età, il design, il valore estetico o commerciale. Sono le storie comuni che stanno dietro a quegli oggetti, alcune sanguinose (c’è anche un’ascia appesa ad un muro), altre semplicemente dolorose, storie finite che non rinasceranno più, congelate in un semplice manufatto, che danno un significato a tutto l’insieme. Una sola storia da tante storie. Le persone che hanno donato gli oggetti, protette dall’anonimato, desiderano semplicemente condividere un’esperienza dolorosa, magari esorcizzarla con la sola esposizione pubblica. L’idea del museo è venuta ad una coppia che si è separata ma che ha continuato ad avere rapporti professionali, l’artista e produttrice Olinka Vistica, e lo scultore Drazen Grubisic . Il progetto, prima di approdare in forma permanente a Zagabria, dove è stato inaugurato lo scorso ottobre (mille visitatori nella prima settimana), ha girato mezzo mondo, da New York a Cape Town, da Istanbul a Singapore. Il museo dei cuori infranti non è solo un’ esposizione, ma piuttosto un progetto artistico per costruire un luogo dove conservare le memorie.
IL MUSEO: TRE LUOGHI IN UNO
Luogo che è diviso in tre parti: uno virtuale (www.brokenships.com), dove chiunque può condividere in rete la propria esperienza ed esporre (sempre in rete) gli oggetti e i posti che hanno avuto un significato nella relazione interrotta. Poi c’è il luogo fisico, l’esposizione permanente, dove gli oggetti in mostra vengono, dopo un po’ di tempo, sostituiti con nuovi arrivi, e finiscono in un archivio virtuale. Infine c’è la parte interattiva, la “Confession Room”, dove i visitatori lasciano messaggi di testo, confessioni personali, poesie, e via testimoniando. L’idea di fondo, oltre alla conservazione della memoria, è quella dell’educazione, della possibilità di imparare qualcosa dalla visita. L’esposizione è divisa per argomenti: la stanza matrimoniale, quella della passione, la collera, rabbia e delusione, viaggio e piacere, ed infine la stanza delle lacrime per relazioni finite per la morte di uno dei partner. Alla fine del giro, il visitatore rimane emozionato e confuso, emozioni diverse si accavallano, dalla meraviglia per l’originalità dell’idea, alla delusione per la consapevolezza di non aver visto nulla di imperdibile. Tuttavia molti pensieri vanno alle proprie, di relazioni interrotte, una sorta di deja-vù catartico che disinfetta anche i ricordi incancellabili. Di fatto, il museo va visto come un luogo di riflessone sulla caducità dei rapporti umani e sulla loro “sostituibilità”, sulla rigenerazione personale dopo una caduta nella polvere. Nello shop del museo, una matita da spezzare in caso di rabbia, ed una gomma per cancellare i cattivi ricordi. Poi bisogna comprare un cuore rosso, con scritto “Zagreb”, e portarselo via. In attesa di trovarne uno che batte per davvero. (M. I.)