10 febbraio - Giorno del Ricordo


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Perché decorare i responsabili?

Intervista a Massimiliano Lacota, presidente Unione degli istriani n

Quest’anno, per la prima volta, l’Unione degli istriani mette in dubbio la sua partecipazione alla cerimonia ufficiale per il Giorno del Ricordo, in programma al Quirinale il 10 febbraio. Il motivo è l’esistenza di onorificenze conferite nel 1969 dall’allora presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, a oltre 50 dirigenti del Partito comunista jugoslavo e a gerarchi del regime titino, tra di essi lo stesso colonnello Tito. A 10 anni dall’istituzione della Giornata del ricordo, l’Unione degli istriani chiede che queste onorificenze vengano revocate.

Perché questa presa di posizione proprio ora?
Il problema non è Tito. Capiamo perfettamente il periodo storico e la scelta del presidente Saragat in anni di normalizzazione dei rapporti. La cosa grave è che ci sono personaggi ancora viventi ai quali l’onorificenza dovrebbe essere revocata per “indegnità”. Parlo di Franjo Rustja, primo assistente del comandante del IX Corpus, di stanza a Trieste nei 40 giorni di occupazione jugoslava del 1945, in cui sparirono 23mila persone. O di Mitija Ribicic, accusato dal suo stesso Governo Sloveno di crimini contro l’umanità nel 2005. Da un dossier emerge che dal ’45 al’57 Ribicic avrebbe attuato nel territorio sloveno una brutale repressione , con circa 200 mila morti (sloveni e italiani) tra civili e persone che avevano collaborato nel periodo della guerra con gli occupanti nazisti. Se queste onorificenze non saranno revocate la delegazione dell’Unione Istriani, associazione tra le più rappresentative, non andrà al Quirinale, anche se abbiamo avuto rassicurazioni che le pratiche verranno riesaminate. E’ mostruoso che lo Stato Italiano riconosca il dramma delle foibe, dell’esodo, degli eccidi, e nello stesso tempo abbia nei suoi cassetti queste onorificenze.

Come affrontare oggi, a più di 60 anni dai fatti, il ricordo delle foibe e dell’esodo, e come trasmetterlo alle generazioni future?
E’ molto difficile, Sono passati troppi anni e ci sono pregiudizi che si sono radicati. Gli istriani erano tacciati di essere fascisti collaborazionisti dei tedeschi, e questo non era vero. Anche noi istriani abbiamo subito il fascismo e lo abbiamo patito ancor di più essendo abbandonati in una zona di confine, e avendo subito la vendetta non solo della fazione opposta ma anche dalla popolazione slava. Come tramandare? Io guardo gli sforzi che si stanno facendo al Ministero dell’Istruzione per far entrare in modo adeguato nelle scuole questo pezzo di storia troppo spesso dimenticato o trattato in modo inadeguato. C’è un tavolo che funziona ma i risultati sono scarsi. L’anno scorso è stata organizzata per la prima volta in Italia, dal Ministero dell’Istruzione e dalle Associazioni istriane fiumane e dalmate, un’iniziativa sul tema. Sono stati inoltrati oltre 1000 inviti a tutte le scuole italiane e ai dirigenti scolastici, a Roma hanno partecipato 35 persone. C’è molto scetticismo anche nel mondo della scuola. Resta ancora tanto da fare e io ho difficoltà ad individuare la strada giusta.

Mi sembra di capire che ci sono ancora troppi nazionalismi, sia da parte italiane che da parte slovena e croata. C’è secondo lei la possibilità di una memoria condivisa?
Io credo di no e penso sia sbagliato pensare a una memoria condivisa. Non lo fanno neanche le altre grandi democrazie a partire dalla Gran Bretagna, alla Germania, alla Francia. Rincorrere l’utopia della memoria condivisa , soprattutto in Italia dove esiste ancora la divisione tra fascisti e antifascisti , è sbagliato. Andrebbero piuttosto sviluppati progetti di ampio respiro per cercare di recuperare la memoria nella sua entità. Questo è stato possibile grazie a Violante , a personaggi della sinistra storica e ad altri, però lo sforzo da fare è immane rispetto alle lacune che ci sono state e che hanno lasciato tre generazioni all’oscuro di questo pezzo di storia. Per quanto riguarda i nazionalismi io penso che l’Italia abbia riconosciuto i suoi errori. Lo ha fatto il Presidente Napolitano ricordando anche le responsabilità del regime fascista nelle sofferenze inflitte alla minoranza slovena. Per contro Slovenia e Croazia sono ancora infervorate e cercano di proteggere una storia che ritengono sacra , ma che viene vista solo dal un unico lato. Nel 2010 ho visto licenziare il direttore del Museo di Storia Contemporanea di Lubiana per aver fatto una mostra che illustrava l’aggressione nei confronti dell’Unione Istriana durante una manifestazione fatta in una foiba del carso sloveno. C’è un nazionalismo da una parte molto acceso, mentre noi italiani abbiamo superato questa fase.

L’esodo italiano non è stato un unicum nella storia del ‘900. Sono oltre 15 milioni gli europei spogliati dei loro diritti fondamentali prima, dopo, durante la seconda guerra mondiale. Non a caso lei è anche il Segretario Generale dell’UESE, il primo organismo europeo che rappresenta gli interessi e la tutela di tutti i profughi del Conflitto. L’integrazione delle diversità non potrebbe essere la vera scommessa che ci attende?
Sì, potrebbe essere uno dei veicoli e noi come Uese ( (Unione Europea degli Esuli e degli Espulsi) stiamo lavorando in questa direzione con le Istituzioni Europee e in particolare con la Commissione Europea su progetti specifici. Abbiamo voluto costituire un organismo europeo perché mancava uno strumento di dialogo con le Istituzioni Europee, e questo poteva essere solo un organismo rappresentativo di tutti questi grandi esodi. L’obiettivo della Uese è di costituire un organismo permanente per i profughi e gli espulsi d’Europa, in grado di trattare tutte le violazioni e le discriminazioni esistente nei loro confronti, e capace di individuare soluzioni utili alle controversie ancora aperte. Non dunque in funzione rivendicativa, ma per una pacificazione, discutendo insieme ai Governi coinvolti e alle Organizzazioni di rappresentanza che siedono nella Uese, per trovare dove possibile una soluzione condivisa. (C. T.)