Fernanda Gattinoni torna a casa, ma la casa è piccola

'Moda e stelle ai tempi della Hollywood sul Tevere'

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La mostra allestita a Parigi la scorsa estate è ora a Roma, sua sede naturale, ed è sicuramente una delle iniziative più prestigiose a fare da cornice alla manifestazione di AltaRomaAltaModa. La mostra , che resterà aperta fino al prossimo 28 febbraio, è al Museo Boncompagni Ludovisi , uno spazio espositivo prestigioso, che ha già accolto importanti mostre di Moda, ma che è piccolo, troppo per accogliere tutti gli abiti realizzato da Fernanda Gattinoni, la grande “sarta” italiana, per le icone del cinema mondiale. Allora la domanda nasce spontanea: quando si realizzerà anche a Roma un grande museo della Moda?

A porla con franchezza è Stefano Dominella, presidente della Maison Gattinoni. Nicola Zingaretti, presidente della Provincia,presentando a Palazzo Valentini , “ Pillole” della mostra sulle star ai tempi della “Hollywood sul Tevere ” , si dice disponibile a cogliere il’invito, così come pure il sindaco Alemanno. Speriamo! Già Veltroni aveva promesso uno spazio espositivo permanente a Valentino, poi non se ne fece nulla, e il nostro stilista, armi e bagagli, si è trasferito a Parigi. Capucci è a Firenze , ma un museo della moda nella capitale manca, ed è un peccato, visto che i nostri stilisti non sono secondi a nessuno nel mondo.

“Finalmente Parigi! Nei racconti di Fernanda Gattinoni Parigi è stata una delle esperienze più interessanti della sua carriera. Oggi, riportare a Parigi gli abiti che Fernanda creò per il cinema, è un atto dovuto”. Fu sempre Stefano Dominella a rilasciare questa dichiarazione presentando a Parigi la mostra degli abiti realizzati dalla grande stilista italiana per grandi film e dive che hanno fatto la storia del cinema. Ma già allora ci si domandò se non fosse opportuno portare gli abiti indossati dalle dive sulle rive del Tevere proprio sulle rive del Tevere. Ora ci siamo, l’occasione è ghiotta, anche per riproporre il problema del museo mancante.

La mostra è stata curata da Sofia Gnoli. L’esposizione, realizzata grazie all’archivio storico dell’atelier Gattinoni, è di quelle che fanno sognare, perché descrive il rapporto della stilista con alcune delle maggiori dive degli anni della Hollywood sul Tevere e della Dolce Vita, per le quali realizzò abiti anche per la vita privata. Qualche nome? Ingrid Bergman, Lucia Bosé, Bette Davis, Marlene Dietrich, Rossella Falk, Anouk Aimée, Audrey Hepburn, Gina Lollobrigida, Anna Magnani, Kim Novak, Lana Turner a Monica Vitti. Ma non solo. A partire dalla seconda metà degli anni Quaranta, l’atelier romano di Fernanda Gattinoni divenne meta fissa del jet set internazionale di passaggio nella capitale e tra le sue clienti si annoverano first ladies e ambasciatrici.

Fu la proposta di uno stile che coniugava raffinatezza e semplicità a conquistare il cuore delle donne, di tutte le donne, comprese le star del cinema. Il mix di eleganza e di rigore delle sue creazioni si sarebbe negli anni trasformato nel filo conduttore dello stile italiano di cui, insieme alle sorelle Fontana, a Jole Veneziani e a Biki e Germana Marucelli, fu una delle pioniere.

Ma torniamo alle stelle del cinema. La mostra è dedicata a loro e agli abiti creati per loro dalla Gattinoni per celebri interpretazioni . Come dimenticare Audry Hepburn nel ruolo di Natasha in Guerra e Pace (1956)? L’attrice da allora, senza rompere il sodalizio con Givenchy, divenne una delle habitué di madame Gattinoni che a lei dedicò un’intera linea “stile impero” che chiamò appunto “Natascia”. E ancora gli abiti del guardaroba privato e i costumi di scena di Europa 51, del ’52, e Fiore di cactus, del ’69, realizzati per Ingrid Bergman. E gli esemplari della collezione Casanova (1958) appartenuti a Kim Novak, fino alla collezione di “petites robes noires” provenienti dal guardaroba personale di Anna Magnani.

Sempre la stilista mantenne comunque le caratteristiche di uno stile che era emerso fin dagli esordi londinesi e nelle prime creazioni nel suo piccolo appartamento romano accanto a Porta del Popolo. L’amore per i ricami e i drappeggi e contemporaneamente lo stile sobrio e rigoroso. Scrisse di lei una importante giornalista di moda di quegli anni, Irene Brin: ”Fernanda vestì in flanella grigia, nettamente anglosassone, la maharani di Palampour, abitualmente drappeggiata d’oro. Vestì in semplicissime sete lombarde Evita Peron, abitualmente ruscellante di svolazzi e piume”.

Molte delle attrici che ebbero il privilegio di conoscerla instaurarono con lei un vero rapporto di amicizia. Non la bellissima Audrey Hepburn, che Fernanda Gattinoni considerava “troppo perfettina”, certamente la passionale Anna Magnani, per cui aveva creato gli abiti per il film di Alfredo Guarini e Gianni Franciolini “Siamo donne” del ’53. Raccontò di lei la Gattinoni:”Non le importava molto di vestirsi. Voleva solo piccoli abiti neri”. E ancora: “ Era venuta da me per farsi confezionare su misura un abito per Capodanno. Non era venuto a ritirarlo. A quasi mezzanotte sentii degli schiamazzi dalla strada. Anna Magnani aveva cominciato a urlare: ”A Fernà, me manni giù er vestito!”. (R. P.)