20 anni dopo l'omicidio di Simonetta Cesaroni


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Via Poma, Busco condannato a 24 anni

Il Pm aveva chiesto l'ergastolo busco_poma_296

Raniero Busco è stato condannato per l'omicidio di Simonetta Cesaroni a 24 anni. Il pm aveva chiesto l'ergastolo. La vittima,allora fidanzata con Busco, fu uccisa il 7 agosto 1990 con 29 coltellate. La sentenza è stata emessa da Evelina Canali, presidente della terza corte d'assise di Roma. Subito dopo la lettura della sentenza, Raniero Busco, è stato trascinato via dall'aula della terza Corte d'assise di Roma dal fratello dopo un malore. La moglie era accanto a lui. Alcuni amici e familiari hanno urlato "no" alla parola condanna. Molti sono in lacrime.

Con la condanna a 24 anni nei confronti di Raniero Busco, ha trovato una conclusione in primo grado la vicenda giudiziaria iniziata più di 20 anni fa con l'omicidio di Simonetta Cesaroni. Il 7 agosto del 1990 Roma è semideserta. Sono le 23.30 quando in via Carlo Poma 2, a Roma, Simonetta Cesaroni, 21 anni, viene trovata morta, straziata da 29 coltellate, negli uffici dell'Associazione italiana alberghi della gioventù. L'autopsia accerterà che la sua morte è avvenuta tra le 17.30 e le 18.30.

Il suo corpo viene ritrovato dalla sorella Paola, la quale, preoccupata, si reca nell'ufficio insieme al fidanzato e al datore di lavoro di Simonetta. La ragazza ha subito 29 colpi di tagliacarte, tutte profonde circa 11 centimetri. Alcune sono mirate al cuore, alla giugulare e alla carotide. Ad ucciderla, tuttavia, è stato un trauma alla testa. L'ipotesi degli investigatori è che le coltellate siano state inferte sul cadavere per depistare le indagini. Simonetta è seminuda, ha solo un top di seta, ma non ha subito violenza sessuale. L'assassino si è portato via pantaloni, slip, maglia a righe.

Il reggiseno è arrotolato sul collo. Sulla porta non ci sono segni di scasso. O Simonetta ha aperto all'assassino o questi aveva le chiavi. Il primo mistero è costituito dall'arma del delitto, mai trovata. L'ipotesi più probabile sembra essere quella di un tagliacarte presente nell'appartamento che, però, non viene analizzato subito. Particolare attenzione è invece concentrata sul computer, che secondo alcuni custodisce il segreto del 'giallo'. Ma la perizia informatica disposta dal giudice nel 1990 si rivela infruttuosa. A ciò si aggiunge l'enigma del biglietto lasciato nella stanza con un pupazzetto e una scritta indecifrabile: ''Ce dead ok''.

Gli inquirenti cercano sia nella cerchia di amicizie della ragazza, a cominciare dal fidanzato di allora, Raniero Busco, sia negli ambienti di lavoro. Tre giorni dopo il delitto viene arrestato Pietro Vanacore, il portiere dello stabile, ritenuto 'reticente' dagli inquirenti. E' l'ultima persona ad aver visto Simonetta viva. Si contraddice durante gli interrogatori riguardo ad alcuni vasi che avrebbe annaffiato all'ora del delitto. Sui suoi pantaloni vengono rinvenute due piccole macchie di sangue e poi ha le chiavi dell'ufficio di Simonetta. L'ipotesi è che Vanacore abbia tentato di violentare la ragazza e l'abbia uccisa. Ma le perizie scientifiche smontano la tesi.

L'11 marzo del 1992 entra in scena un commerciante tedesco, Roland Voller, che rivela ai magistrati che un giovane 21 enne, Federico Valle, era in via Poma all'ora del delitto e quella sera sarebbe tornato a casa con un braccio sanguinante per una ferita. Il sospetto è che abbia ucciso Simonetta perché la ragazza era l'amante del padre Raniero. E che sia stato aiutato dal portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, che avrebbe ripulito l'appartamento e portato via gli abiti della vittima.

Ma il sangue di Federico Valle non corrisponde a quello ritrovato su una porta. Si ipotizza, allora, che le tracce trovate siano frutto di una commistione del sangue dell'uomo e della ragazza, ipotesi, tuttavia, che non trova supporti scientifici. E sebbene sulle braccia venga riscontrata una formazione cutanea di 5 centimetri, non c'e' traccia di cicatrici che possano far pensare a ferite da arma da taglio. Così Federico Valle esce di scena.

Per quanto riguarda la posizione del portiere Pietro Vanacore, questa viene chiarita dal giudice Antonio Cappiello il 16 giugno del '93, con la dichiarazione di improcedibilità nei confronti dei due indagati per mancanza di prove. Vanacore si è ucciso il 9 marzo dello scorso anno, tre giorni prima della deposizione in aula. Nel 1995, su impulso del pm Settembrino Nebbioso, partono nuovi accertamenti. Nel giugno del 2004, i carabinieri dei Ris trovano alcune tracce di sangue nei locali dei lavatoi condominiali del palazzo. Dall'analisi del Dna emergeranno riscontri con il gruppo sanguigno della ragazza, ma anche la presenza di sangue maschile.

Il 24 ottobre del 2004 vengono ritrovati a sopresa gli indumenti che la giovane indossava il giorno della sua morte, un reggiseno e una gonnellina a fiori, scoperti dal medico legale e criminologo Ozrem Carella Prada, incaricato all'epoca di compiere le perizie, in un armadio dell'obitorio. Il 10 gennaio 2007, Enrico Mentana, nel corso di una puntata della trasmissione che allora conduceva, 'Matrix', rivela alcune importanti anticipazioni riguardo alle indagini. Il giornalista diffonde, infatti, i nomi delle 31 persone che compaiono nelle varie fasi delle indagini. Tra queste c'è anche Raniero Busco.

Il giorno dopo la Procura di Roma acquisisce la cassetta contenente la puntata della trasmissione per valutare la posizione delle persone che, con le anticipazioni fatte, hanno reso pubblico l'esito di accertamenti tecnici ancora non completati e dei quali non erano state date informazioni ufficiali agli uffici del pubblico ministero. Due anni dopo, da Piazzale Clodio ecco arrivare la notizia della chiusura dell'inchiesta e il 9 novembre del 2009 Raniero Busco viene rinviato a giudizio.