di Anna Testa
Hanno decine di miliardi di dollari da investire in Europa negli Stati Uniti. Nel 2007, hanno impegnato più di 70 miliardi di dollari solo in società occidentali di peso. Sono gli oltre 40 fondi sovrani (Sovereign wealth funds, Swf) le“nuove super potenze finanziarie”. Il controllo che esercitano sui prezzi e sui valori scambiati, non solo di titoli, ma anche di merci, è molto più rilevante di quello espresso nelle statistiche. In uno scenario che ha urgente bisogno di stabilizzazione e di innovazione, l’afflusso di capitali esteri assume primaria importanza.
Cosa sono i fondi sovrani? Nati negli anni ’50, la loro dimensione a livello mondiale, è incrementata negli ultimi 10-15 anni. Si tratta di fondi di investimento di proprietà di Stati o di agenzie nazionali. I Swf non sono altro che veicoli di investimento che gestiscono risorse pubbliche in maniera separata dalle riserve ufficiali. Si alimentano alle riserve valutarie in eccesso e gestiscono i fondi di provenienza dalle riserve ufficiali: sono, inoltre, interessati ad effettuare investimenti con orizzonti temporali di lungo periodo. Non è un caso se sono nati nei Paesi forti esportatori di petrolio e materie prime: Emirati arabi, Qatar, Arabia Saudita, Norvegia. Ma anche Singapore dove, grazie al rilevante surplus fiscale, il governo ha costituto il fondo "Temasek" uno dei più attivi soprattutto nelle imprese del sud est asiatico. L’ultimo Paese a dotarsi di un fondo sovrano è stato la Cina. Nel 2007 ha realizzato il China Investment Corporation, con una dotazione di 200 miliardi di dollari attivo sul mercato azionario. Questi fondi, però, continuano la loro avanzata trionfale anche in campi non tradizionali: quello del Dubai, ad esempio, ha da poco acquistato una squadra di calcio inglese, il Manchester city, e ha investito ad Hollywood un miliardo di dollari, per produrre otto film l’anno.
I motivi di questa espansione. Crescita progressiva dei tassi d’interesse reali a livello mondiale, maggiore capacità di “assorbimento” dei Paesi esportatori di gas e petrolio, minore capacità di controllo da parte delle banche centrali degli andamenti globali degli asset finanziari. Tutto ciò ha indotto i vari governi di questi Paesi emergenti a diversificare la natura degli stock patrimoniali.
Perché preoccupano il mondo. La crisi dei mutui subprime che ha messo in ginocchio molte banche Usa, ha fatto emergere il peso crescente dei fondi sovrani intervenuti coi loro capitali in istituti come Citigroup, Ubs, Merrill Lynch e Barclays. La nascita di un nuovo fondo cinese, l’accresciuta importanza di quelli arabi ed i possibili investimenti da parte dei fondi russi preoccupano Europa ed Usa per le possibili interferenze sulla gestione delle industrie. Alle preoccupazioni di molti osservatori, il ministro del Commercio del Qatar, Fahad bin Jasmim al Thani, ha risposto che i Paesi del Golfo “non sfrutteranno la crisi finanziaria mondiale per fare shopping di aziende europee a prezzi stracciati”.
Come si tutelano Europa ed Usa. Le preoccupazioni riguardano sia le acquisizioni di partecipazioni in imprese operanti in settori strategici per l’interesse e la sicurezza nazionale, sia il timore di una possibile nazionalizzazione di attività private, da parte di un governo estero. La recente costituzione dell’International Working Group, che raggruppa i rappresentanti dei fondi di ricchezza sovrana e delle istituzioni finanziarie multilaterali (Fmi, Oecd, Ue) ne è la dimostrazione. Il gruppo di lavoro, co presieduto da Jaime Caruana, direttore del dipartimento mercati monetari e dei capitali del Fmi e dal capo del fondo sovrano di Abu Dhabi, Hamad al Suwaid, ha varato una proposta di codice volontario di condotta in 24 principi. Ben 21 fondi sovrani lo hanno già adottato. Anche la Commissione Europea ha introdotto restrizioni agli investimenti esteri, dotandosi di un codice deontologico, “il memorandum di Santiago” . Il numero due dell’Fmi, Lipsky ha annunciato che il Fmi sta considerando il “lancio di uno strumento di liquidità di breve termine “ per prestiti volti a “risolvere i problemi di paesi solidi ma, temporaneamente, esposti a pressioni”.
L’Italia ed i fondi sovrani. In Italia, per ora, i Swf hanno un peso ancora ridotto. E’ solo dal 2007 che hanno fatto il loro ingresso . Le preoccupazioni, però, non mancano. L’interesse del Paese ha, di recente, trovato una conferma con la proposta presentata dal ministro dell’Economia, Tremonti al consiglio di Ecofin, per cambiare la European Investment bank in un fondo sovrano, in grado di finanziare i grandi progetti infrastrutturali. La Consob, inoltre, ha proposto di abbassare la soglia per la comunicazione di Opa all’1%, misura che però va valutata caso per caso. Il pericolo, infatti, si chiama “opa ostili” verso le imprese strategiche. L’Italia, quindi, considera benevenuti questi investimenti a patto che le operazioni “siano trasparenti e restino al di sotto della soglia del 5%”. Lo ha ribadito il ministro degli Esteri, Franco Frattini in una recente missione ad Abu Dhabi: “ Il governo appoggerà la linea di quei fondi, che accetteranno di trattare direttamente col governo”.