Grotte dell’orrore, solo per fiction

A Castellana ogni venerdì fino al 17 dicembre grotte_castellana_296

di Marta Mandò

In fin dei conti l’evento è solo per cuori forti, dotati di sangue freddo e certamente una buona dose di ironia. Non bastano le scene “da paura”, ma bisogna anche stare attenti a non saltare sulla sedia, perché il luogo è impervio. Eppure tutti in fila, pronti a scendere nelle viscere della Terra, a 60 metri di profondità, nelle Grotte di Castellana, in Puglia, per assistere alla proiezione di cinque pellicole cult dell’orrore.

La singolarità dell’iniziativa, che non a caso si chiama “Grotte Horror”, (ogni venerdì fino al 17 dicembre, alla seconda edizione dopo quella fortunata dello scorso anno) è tutta in questo mix fra brividi reali e immaginati. Le “Poltergeist-Demoniache presenze” di Tobe Hooper fino a “Inferno” di Dario Argento, passando per “Amityville Horror” di Stuart Rosemberg, “The Haunting” di Robert Wise, “Possession” di Andreij Zulawski, tutti del genere riflessioni disincantate sulle radici del Male che si annida nell’essere umano. Ma al di là della scelta (mancano capolavori come “Shining”) la trovata è tutta nella peculiarità della location, un film dentro il film di una natura generosa e infernale.

Un 3D naturale dove il colpo di scena lo regalano i chirotteri e qualche roditore, disturbati nel loro habitat dalla presenza dei telespettatori o il naturalissimo dolby surround per un improvviso frantumarsi della roccia. Anche l’umidità molto elevata, - con un grado prossimo alla saturazione, oscillando fra il 94% e il 100% - insieme al freddo –il massimo della temperatura d’estate è di 14 gradi- fanno la loro parte.

Ma tutto questo non scoraggia i visitatori, perché la “sala” di proiezione ha un forte fascino. Un mondo sotterraneo di alabastro, cristalli, drappeggi di rocce. Un luogo segreto, le Grotte di Castellana, non facilmente visibile dall’esterno, protette da un fitto bosco di ulivi secolari. Scoperte solo 70 anni fa, le cavità sono originate da sedimenti calcarei, risalenti a 100 milioni di anni fa, nel periodo del Cretaceo.

Si entra scendendo 265 gradini che portano alla caverna della Grave, l’unica dove penetrano i raggi del sole e un tondo del cielo di Puglia. Un pantheon naturale di 100 metri di lunghezza (ci può entrare comodamente la Basilica di San Nicola a Bari) arredato da costruzioni di calcite, piramidi di stalattiti aggrappate al soffitto e bizzarre colonne di stalagmiti che emergono dal pavimento. Da qui ci si allontana dall’imbocco percorrendo molte centinaia di metri, tra angusti passaggi, gallerie, voragini, e, caverna dopo caverna, come in un film, sfiorando bizzarre concrezioni si arriva alla “saletta” cinematografica, la Caverna della Fonte, dove fonte non indica direttamente l’acqua ma le snelle concrezioni calcaree che sembrano fatte da un gigantesco bambino che al mare ha fatto gocciolare la sabbia bagnata.

Forme ricercate quasi fossero per mano barocca, svettanti come nel gotico. Scenari da film, appunto, utilizzati in numerose scenografie. Ci arrivò negli anni ’60 Mastroianni, quando girò “Casananova70” nella parte di un latin lover capace di fare l’amore solo in situazione di pericolo. Ci girarono film da forzuti come “Maciste all’inferno”, o il remake all’italiana di Alien. E del resto tutta la zona proprio per la sua origine carsica ha fatto da sfondo a molte pellicole: L’Età dell’amore (1953), Ercole al Centro della Terra (1961), Il re dei Criminali (1968), Scontri stellari oltre la Terza dimensione/Starcrash (1978), Il Viaggio della Sposa (1997).

Insomma in queste grotte, ci ritroviamo a tu per tu con i nostri sentimenti negativi, a volte eccessivi come nell’horror, ma la natura ci sovrasta con la sua fervida fantasia. Molte forme ricordano cammelli, la lupa capitolina, perfino calze appese e poi, la coppa di stalagmite in alabastro, risalente a chi sa quando, del tutto simile al trofeo vinto dagli azzurri nel 2006 ai mondiali in Germania. Come a dire, in creazione, uno a zero per la natura.