La Conferenza di Cancun sul clima


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I temi sul tavolo dei negoziatori

Lotta a deforestazione e stanziamenti per i Paesi poveri nell’agenda del summit t

La Conferenza di Copenaghen di un anno fa si chiuse con un accordo raggiunto fuori tempo massimo, che lasciò insoddisfatti ambientalisti e Paesi meno sviluppati. Il documento, approvato non con il voto ma con la formula della “presa d’atto”, è in pratica poco più di una dichiarazione di intenti. Il mondo si assumeva l’impegno generico a limitare entro un massimo di due gradi l’aumento della temperatura, senza fissare né date né cifre sui tagli alle emissioni di gas serra, rimandando a successive decisioni nazionali in merito. I Paesi ricchi prevedevano inoltre di portare a 100 miliardi di dollari all’anno, da qui al 2020, gli aiuti per consentire ai Paesi poveri di affrontare la sfida del cambiamento climatico.

Ad assumersi qualche onere in più era stata solo l’Unione europea, con la formula 20/20/20; ovvero, l’impegno a tagliare del 20% le emissioni di gas serra, ad accrescere del 20% l’efficienza energetica e a aumentare del 20% l’uso delle energie rinnovabili entro il 2020.

L’ombra del fallimento di Copenaghen continua a pesare anche sulla Conferenza di Cancun (29 novembre-10 dicembre) dove, non a caso, non ci saranno i capi di Stato e di governo che diedero la spinta finale per raggiungere l’intesa nella capitale danese. Un accordo globale e vincolante sulla lotta al cambiamento climatico non è dunque nell’agenda del vertice messicano; si cercherà piuttosto di fare progressi su alcuni temi limitati. Eccoli.

Lotta alla deforestazione
A Cancun si tenterà di rendere operativo l’accordo che prevede compensazioni finanziarie ai Paesi che riducono il degrado e il taglio delle foreste. A Copenaghen non si riuscì a risolvere la questione del finanziamento del progetto.

Fondo verde
Buona parte dei 100 milardi l’anno promessi dall’Occidente ai Paesi poveri dovrebbe transitare in un Fondo verde, incaricato di gestirli e di controllare che vengano usati bene. Manca però un’intesa sulla struttura del Fondo, se debba essere indipendente o un’emanazione dell’Onu. Irrisolto anche il problema di come reperire i finanziamenti in tempo di crisi economica anche per i Paesi più sviluppati.

Ancoraggio degli impegni
Gli obiettivi decisi a livello nazionale e le iniziative per la riduzione dei gas a effetto serra, come si è visto, non sono affatto vincolanti. La sfida di Cancun è trovare un meccanismo per “ancorarli”, rendendoli più concreti e misurabili.

Verifica delle riduzioni dei gas serra
E’ uno dei temi più spinosi. Molti Paesi, la Cina in testa, respingono l’idea di controlli esterni, a cui invece gli Stati Uniti tengono molto. Il negoziato a Cancun dovrebbe tentare di stabilirne le modalità.

Trasferimento delle tecnologie
A Cancun si proporrà la creazione di un Comitato per migliorare e garantire l’accesso da parte dei Paesi meno sviluppati alle tecnologie più moderne per ridurre le emissioni di gas serra e adattare il proprio territorio ai mutamenti climatici.

Dopo Kyoto
Nel 2012 scade il Protocollo di Kyoto, che tuttavia impegna solo i Paesi industrializzati che lo hanno ratificato (gli Stati Uniti non sono tra questi). I Paesi in via di sviluppo vorrebbero prorogarlo, poiché è l’unico strumento che finora quantifichi gli obblighi sulle emissioni inquinanti. Ma diversi Paesi sviluppati sono contrari: non vogliono più essere i soli costretti a rispettare impegni onerosi in nome dell’ambiente.