Le elezioni politiche in Egitto


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Ancora un test cruciale per Mubarak

Quarantadue milioni alle urne per rinnovare l’Assemblea del Popolo elezioni_egitto_296

di Rodolfo Fellini

Quarantadue milioni di elettori sono chiamati alle urne per il voto che rinnoverà l’Assemblea del Popolo, il Parlamento egiziano. La consultazione è percepita come una prova generale delle presidenziali, che si terranno nel settembre 2011 e potrebbero vedere confermato per la sesta volta Hosni Mubarak, in carica dal 1981, anno dell’omicidio di Anwar el Sadat. L’82enne presidente non ha ancora sciolto la riserva, e al suo posto potrebbe correre il 47enne figlio Gamal, suo erede designato da circa un decennio. Le presidenziali saranno il vero banco di prova per il futuro dell’Egitto, poiché la Costituzione assegna ampi poteri al capo dello Stato. Alle elezioni politiche sono in palio 508 dei 518 seggi della Camera bassa; i rimanenti 10 sono di nomina presidenziale. La riforma costituzionale del 2005 impone una “quota rosa” del 12%, ovvero 64 seggi riservati a donne; oggi le deputate sono appena 9. Il Paese è diviso in 254 collegi elettorali, ciascuno dei quali esprime due parlamentari: uno in rappresentanza di manovali e contadini e uno in rappresentanza dei “colletti bianchi”.

Nella contesa, un ruolo di assoluto primo piano va al partito Democratico Nazionale di Mubarak, che da trent’anni agisce quasi come partito unico in un sistema politico che, secondo l’organizzazione Freedom House, è ancora lontano dagli standard democratici occidentali. La formazione di governo detiene un’ampia maggioranza, di poco inferiore ai due terzi dei seggi. Alla sua sinistra, il partito Al Tajammu (Progressista Unitario) e i socialisti, che si ispirano alla dottrina dell’ex presidente Gamal Abdel Nasser. A destra, Al Wafd, di orientamento liberale.

I Fratelli musulmani rappresentano il partito islamico, messo al bando nel 1954 da una legge costituzionale che vieta la formazione di partiti di ispirazione religiosa. Benché clandestino, il movimento è assai popolare, specie tra i ceti più umili. Fondata nel 1928, la Confraternita dei Fratelli musulmani si distingue per le attività in campo religioso, scolastico e soprattutto per le opere di carità. Il movimento, presente in modo capillare nell'intera società egiziana, ha da tempo abbandonato la sua impostazione oltranzista, il ricorso alla violenza e si dichiara pronto a dialogare anche con l'ex nemico occidentale. I Fratelli sono vietati come organizzazione politica: non possono stampare pubblicazioni, tenere comizi né svolgere raduni pubblici. Alcuni membri vantano tuttavia rapporti con movimenti estremisti all'estero. La Confraternita si presenta comunque in un terzo dei collegi, dove punta a bissare il successo di cinque anni fa e confermare il suo pacchetto di 88 deputati, che oggi siedono formalmente alla Camera come “indipendenti”. Il programma si basa sempre sulla costituzione di uno Stato confessionale.

A boicottare il voto c’è il partito Nazionale per il Cambiamento di Mohammed El Baradei, ex capo dell’agenzia nucleare Onu e candidato in pectore alle presidenziali del prossimo anno. Secondo El Baradei, mancano reali garanzie sulla trasparenza, e i brogli saranno inevitabili. Non si presenta neppure il partito laico centrista El Ghad di Ayman Nour, che alle presidenziali del 2005 si piazzò secondo dietro Mubarak, con il 12% dei consensi.

Le elezioni non saranno seguite da osservatori internazionali: il governo ha respinto le richieste, avanzate in particolare da Washington, definendole “assolutamente inaccettabili, poiché si tratta di una questione interna”. Alcune delle 123 organizzazioni egiziane incaricate di monitorare il voto hanno minacciato di rinunciarvi, denunciando gli ostacoli posti allo svolgimento delle loro mansioni. Mubarak ha tuttavia garantito che il voto sarà “libero e trasparente”. Ma la formazione al governo ha quasi monopolizzato i media di Stato e i partiti di opposizione hanno denunciato discriminazioni verso i loro candidati e metodi poco ortodossi, usati dalle forze dell’ordine durante le manifestazioni. Delle 600 persone arrestate nelle ultime settimane in scontri e raduni politici, 250 sono attivisti dei Fratelli musulmani. La campagna elettorale, stando a testimoni indipendenti, si è già macchiata di sangue ad Alessandria e in varie località del Delta del Nilo. Le violenze si ripetono a ogni scadenza elettorale: nel 2005 gli scontri prima, durante e subito dopo il voto portarono all’uccisione di 14 persone.