Un’indagine a tappeto in dieci scuole dell’isola racconta il bullismo visto da studenti, genitori e professori. Nel progetto anche un numero verde per segnalare episodi di prevaricazione all’interno degli istituti.
Chi è il bullo e chi la vittima? Per saperne di più, è nato il progetto sperimentale “Smonta il bullo”: in dieci scuole siciliane, sono stati sentiti 1.080 giovani, 80 genitori e 50 docenti. Il progetto,finanziato dalla Fondazione per il Sud, è stato realizzato dalla rete del Consorzio regionale ‘Sol.Co’ che conta circa 150 cooperative sociali. Tra i partner principali l’assessorato regionale alla famiglia.
Obiettivo dell’indagine non è individuare il bullo per colpevolizzarlo ma
cercare di scoprire il contesto che fa da sfondo alla sua voglia di farsi valere e la alimenta. Dalle interviste nelle scuole, da Palermo a Trapani,da Agrigento a Caltanissetta, da Milazzo a Catania, passando per Enna Ragusa, Lentini e Giarre, spunta il profilo del bullo, un leader negativo che vuole confermare la sua supremazia e imporre la sua forza fisica per rafforzare la sua identità del “più forte”. Ed emerge l’abitudine a riunirsi in branco, per sentirsi più forti. La vittima, predisposta a venir isolata ,a subire, è in genere più piccola di età del bullo che la prende di mira o più debole fisicamente. Solo una piccola minoranza di intervistati parla anche di intolleranza di razza o di religione o di violenza verso handicappati.
I ragazzi che prevaricano i compagni, sentiti nel corso dell’inchiesta, non si rendono conto delle sofferenze che procurano, tendono a sminuire ciò che hanno fatto (“sono solo scherzi”) o a deresponsabilizzarsi (“è tutta la classe che li prende in giro”). E a volte, per giustificare il loro cercare di scoprire il contesto che fa da sfondo alla sua voglia di farsi valere e la alimenta.
Dalle interviste nelle scuole, da Palermo a Trapani, da Agrigento a Caltanissetta, da Milazzo a Catania, passando per Enna Ragusa, Lentini e Giarre, spunta il profilo del bullo, un leader negativo che vuole confermare la sua supremazia e imporre la sua forza fisica per rafforzare la sua identità del “più forte”. Ed emerge l’abitudine a riunirsi in branco, per sentirsi più forti. La vittima, predisposta a venir isolata ,a subire, è in genere più piccola di età del bullo che la prende di mira o più debole fisicamente. Solo una piccola minoranza di intervistati parla anche di intolleranza di razza o di religione o di violenza verso handicappati.
I ragazzi che prevaricano i compagni, sentiti nel corso dell’inchiesta, non si rendono conto delle sofferenze che procurano, tendono a sminuire ciò che hanno fatto (“sono solo scherzi”) o a deresponsabilizzarsi (“è tutta la classe che li prende in giro”). E a volte, per giustificare il loro comportamento, svalutano la vittima delle loro angherie (“in fondo se lo merita”).
Tra i genitori intervistati si registrano atteggiamenti contraddittori. Si pongono in modo “buonista e comprensivo” se il bullo è il figlio, in modo “interventista e repressivo” se il figlio è la vittima. I genitori raccontano anche di episodi di bullismo riferiti dai figli e confermano prevaricazioni da parte dei più forti, ma anche esclusione dal gruppo di ragazzi timidi o troppo educati rispetto agli altri.
La metà degli insegnanti denuncia che da parte dei ragazzi c’è omertà sugli episodi di prepotenza tra compagni e solo una piccola minoranza di docenti riferisce di studenti che intervengono a difesa del più debole. I docenti ammettono,comunque, le loro difficoltà a contrastare gli episodi di bullismo.
F. R.
Per segnalare fenomeni di bullismo nelle scuole in Sicilia, da ottobre , c’è il NUMERO VERDE 800913727.
>>> Leggi l'intervista a Giuseppe Catania, responsabile del progetto "Smonta il bullo"