Esortazioni e critiche simili al regime, da Washington erano arrivate anche in passato. Ma, definendo le elezioni in Birmania "tutto fuorché libere e giuste" proprio nel giorno del voto, e appellandosi ai generali per un rilascio di Aung San Suu Kyi, Barack Obama ha fatto qualcosa di più che ripetere posizioni già note. Le parole del presidente americano confermano che la sua amministrazione, dopo un iniziale tentativo di instaurare un dialogo con la giunta militare, ha preso atto che la scommessa non ha pagato. "Da troppo tempo il popolo birmano si vede negare il diritto di decidere del proprio destino", ha dichiarato Obama durante la sua visita in India, aggiungendo poi che gli Usa chiedono di "liberare immediatamente e senza condizioni Aung San Suu Kyi e tutti i prigionieri politici". Dall'Australia, il segretario di Stato Hillary Clinton aveva in precedenza definito "falsate" le elezioni, "che mettono ancora una volta in luce gli abusi della giunta".
Solo un anno fa, l'atteggiamento degli Usa verso i generali era più morbido. La bizzarra intrusione di un americano a casa di Suu Kyi, nel maggio 2009, aveva fornito l'occasione per attivare contatti ad alto livello, rovesciando la precedente politica di chiusura. Nei mesi successivi, in Birmania arrivarono un senatore e il segretario di Stato aggiunto per gli affari del Sud-est asiatico, Kurt Campbell, nei più alti incontri diplomatici tra Usa e Birmania dalla metà degli anni Novanta. Era il frutto di un ripensamento dell'appena insediata amministrazione Obama, di fronte all'evidente inefficacia delle sanzioni economiche. Pur mantenendole, gli Usa credevano che giocare la carta del dialogo con la giunta avrebbe potuto portare a dei progressi, specie in vista delle elezioni svoltesi oggi. Il cambio di approccio faceva anche parte del nuovo ruolo geopolitico assunto dal Sud-est asiatico agli occhi degli Usa, anche in funzione di "contenimento" del gigante cinese. Ma i risultati sperati non sono arrivati. Suu Kyi è stata condannata a tre anni di nuovi arresti domiciliari (dimezzati poi su ordine del generalissimo Than Shwe) per aver ospitato l'intruso americano, e insieme ad altri 2.200 prigionieri politici è rimasta fuori da elezioni che Washington ora considera una farsa.
Riguardo alle sanzioni, il regime ha rafforzato ancor più i legami con i suoi vicini asiatici. Non solo la Thailandia e la Cina, che già rappresentava il miglior alleato dei generali e ha enormi interessi energetici nel Paese. Lo scorso luglio anche l'India ha concesso aiuti alla giunta, in cambio di una collaborazione contro i ribelli al confine tra i due Paesi. Il nuovo approccio degli Usa, hanno già concluso molti analisti, é in sostanza fallito.