Festival del Cinema di Roma


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La nuova coppia di John Landis

La black comedy 'Burke & Hare'. In concorso il primo italiano: 'La scuola è finita' john_landis_296

John Landis arriva a Roma per raccontare il suo cinema in un incontro con il pubblico, prima della proiezione in anteprima mondiale di “Burke & Hare”, il suo ultimo film su una nuova strana coppia dopo “The Blues Brothers”.

Ma oggi è anche il giorno del primo film italiano in concorso, “La scuola è finita” diretto da Valerio Jalongo e scritto da Daniele Luchetti e Francesca Marciano. In concorso anche “Dog Sweat”, il film di Hossein Keshavarz girato clandestinamente a Teheran prima delle elezioni del 2009. Fuori concorso, le streghe di “Winx club 3D Magica Avventura” di Iginio Straffi, “Animal Kingdom” di David Michôd “Les petit mouchoirs di Guillaume Canet”.

Domani l’attenzione è tutta per l’evento legato al cinquantenario de “La dolce vita” di Fellini, con la proiezione del restauro digitale del film presentato dal regista premio Oscar Martin Scorsese. I film in concorso sono “Oranges and Sunshine” di Jim Loach e “In a better world” di Susanne Bier”. L’altro evento della giornata è “La dinastia Bhutto”, l’incontro con i familiari di Benazir e la proiezione del film “Bhutto” di di Duane Baughman e John O'Hara. Fuori concorso, “Il padre e lo straniero” di Ricky Tognazzi e “We want Sex” di Nigel Cole.

BURKE & HARE
di John Landis, Gran Bretagna 2010
Simon Pegg, Andy Serkis, Isla Fisher, Tom Wilkinson, Tim Curry.

Cosa non si farebbe per amore. William Burke (Pegg) e William Hare (Serkis) cercano di sopravvivere nella Edimburgo del XIX secolo. Quando l’inquilino della pensione di Hare muore proprio il giorno in cui doveva pagare l’affitto, i due realizzano di vivere nella capitale mondiale della ricerca medica, una città piena di dottori che hanno sempre bisogno di cadaveri. Soprattutto i due più famosi, il rivoluzionario Knox e il più tradizionale Monroe. L’affare di un momento diventa una seconda volta e poi una terza, e poi un lavoro. Burke vorrebbe fermarsi, anche perché Hare i cadaveri invece di cercarli comincia a crearli, attirando l’attenzione sia della giustizia che della malavita. Ma conosce Ginny, bella attrice alla ricerca di un pigmalione e se ne innamora follemente. Servono soldi per alimentare questo amore, e i cadaveri portano tanti soldi. Landis, partendo da una storia vera, mette in scena un horror ironico, una commedia macabra divertente e raffinata. Non ci si sbellica dalle risate né si muore di paura, e Landis deroga al troppo politicamente scorretto a vantaggio di un’eleganza stilistica e formale, ma Pegg, Sarkis e tutto il cast (che comprende anche una serie di cameo) suonano alla perfezione il concerto voluto dal direttore dell’orchestra. (Sa.Sa.)

LA SCUOLA E’ FINITA
di Valerio Jalongo, Italia 2010
Valeria Golino, Vincenzo Amato, Fulvio Forti, Antonella Ponziani, Marcello Mazzarella.

Le intenzioni erano buonissime. Nell’Istituto Pestalozzi, alla periferia di Roma, scene di quotidiano disfacimento. Culturale, sociale, relazionale. Come (pare) avviene in moltissime scuole italiane. Alex, carattere complesso, famiglia disgregata alle spalle, “regala” diversivi a pagamento, pasticche per la felicità artificiale. La maggior parte dei professori vorrebbe bocciarlo. Non la professoressa Daria Quarenghi, che cerca di aiutarlo nel gruppo d’ascolto in cui ormai è rimasto solo lui. Né il professor Aldo Talarico, musicista fallito ed ex marito di Daria, che cerca di accendere in Alex la scintilla della passione musicale. Vite malinconiche, fragili, che convergono una sull’altra alla ricerca di una soluzione. L’occupazione della scuola da parte degli studenti farà esplodere la situazione. Jalongo (“Sulla mia pelle”, “Di me cosa ne sai”) parte da esperienze e passioni personali, pensando a “La scuola è finita” - dice - come a un film musicale. Non è certo facile raccontare la realtà della scuola di questi tempi e dei ragazzi che la frequentano. Siamo però convinti che sia necessario provarci e siamo anche sicuri che nel racconto di Jalongo ci sia molto di vero, quasi tutto. Troppo forse. Il problema è proprio qui. Tutto il film si muove in un territorio che è troppo artefatto per essere un documentario e troppo poco avvincente e convincente (per sceneggiatura e recitazione) per essere goduto come un film. Lasciandoci con una non confortevole sensazione finale. (Sa.Sa.)