UOMINI DI DIO

di Sandro Calice

UOMINI DI DIO

di Xavier Beauvois, Francia 2010 (Lucky Red)
Lambert Wilson, Michael Lonsdale, Olivier Rabourdin, Sabrina Ouazani, Philippe Laudenbach, Jacques Herlin, Xavier Maly, Jean-Marie Frin, Abdelhafid Metalsi, Olivier Perrier, Adel Bencherif
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Forse perchè è una ferita ancora aperta nella storia del Paese, “Uomini di Dio” ha sbancato i botteghini ed è stato candidato dalla Francia a rappresentarla nella corsa agli Oscar, dopo aver vinto il Gran Premio della Giuria al festival di Cannes 2010.

Nella notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 militanti del Gruppo Islamico Armato rapiscono sette monaci francesi del monastero di Tibhirine, in Algeria. Due mesi dopo i monaci vengono assassinati. Di loro verranno ritrovate solo le teste. Il film non mostra nulla di tutto questo, ma racconta gli ultimi mesi vissuti da questa comunità. Sono decenni che quel monastero è lì. Otto monaci cistercensi vivono in completa armonia con la popolazione musulmana, partecipano alla vita del villaggio, curano i malati, vendono il loro miele e si sostengono grazie al lavoro della terra. Ognuno ha la propria specialità, dal priore Christian (Wilson), guida spirituale che conosce a memoria anche il Corano, al vecchio padre Luc (Lonsdale), medico instancabile. Un giorno però tutto cambia. Un gruppo di lavoratori stranieri viene trucidato, la paura arriva fino al convento, dove la notte di Natale irrompono i fondamentalisti islamici pretendendo aiuto e medicine. Padre Christian li fronteggia, ma serve solo a rimandare l’inevitabile. L’esercito cerca di imporre la sua protezione ai monaci, che rifiutano. Comincia una discussione: se sia giusto rimanere e affrontare un quasi sicuro martirio o se sia meglio partire. Tra tormenti, dubbi e l’unica certezza della fede e dell’Amore, i monaci decidono di rimanere e di affrontare il loro destino.

Beauvois (“Le petit lieutenant”, “Selon Matthieu”, “Non dimenticare che stai per morire”) affronta la storia nel modo più lineare possibile, senza avventurarsi in analisi sociali e politiche, quasi senza uscire dal convento, cercando di restituire al meglio le ragioni delle scelte dei monaci, osservando la loro vita semplice, fatta di lavoro, dedizione al prossimo, vera tolleranza e convivenza religiosa, e preghiere, tante preghiere, ascoltando le quali la distanza tra cristiani e musulmani viene davvero difficile cogliere, preghiere sempre accompagnate dal canto, come nella regola dei frati trappisti cistercensi. Regola che non prevede la missione dell’evangelizzazione, ragione per cui, secondo i comunicati dei terroristi, i monaci furono uccisi. Ulteriore mistero in una vicenda ancora oggi oscura.

Il film scorre così accarezzando i volti dei protagonisti e legato quindi quasi esclusivamente alla loro bravura. Lento e freddo in molti passaggi, dando a tratti l’impressione di un’emozione calcolata a tavolino, regala però scene che restano, come il canto rivolto al cielo che quasi fisicamente allontana un elicottero, e soprattutto come la cena finale, fatta di primi e primissimi piani, lacrime e sorrisi, musica e pensieri immaginati, che dicono più di tutte le parole. C’è, infine, un’emozione tutta religiosa, che trova il suo culmine nel testamento spirituale di Padre Christian, quando ringrazia Dio, gli amici e la famiglia per la sua vita, e ringrazia anche il suo boia, “amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in Paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen!”.