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La battaglia giudiziaria

Eluana, le tappe della vicenda eluana_cassazione_296

 

La Cassazione ha respinto il ricorso della Procura di Milano contro la Corte di Appello del capoluogo lombardo che aveva deciso lo stop dell'alimentazione forzata alla ragazza in coma. Eluana può morire.

La sentenza arriva al termine di una lunga vicenda giudiziaria.  E' il 1997:  la famiglia Englaro chiede di sospendere l’alimentazione artificiale di Euana, in coma dal 1992.

Eluana amava la vita, tanto che, ha sempre sostenuto il padre Beppino Englaro, non avrebbe mai accettato di viverla inconsapevolmente e bloccata in un letto, come era successo a un suo amico, vittima anch’egli di un incidente stradale. “Quando era cosciente di sé, prima dell’incidente, Eluana disse in modo inequivocabile a noi genitori e ai suoi amici che non avrebbe mai accettato una esistenza come quella attuale, né che pur di tenerla in vita si mettessero in atto pratiche invasive sul suo corpo”, ricorda il padre, suo tutore legale dal 1997.

E’ l’anno in cui la famiglia comincia una battaglia giudiziaria per sospendere l’alimentazione artificiale alla figlia e così portarla a morire. Nel 1999 Tribunale di Lecco e Corte d’Appello di Milano respingono la richiesta di Beppino Englaro. No al ricorso nel 2003. E’ del 2004 un appello al Presidente Ciampi, che porta l’allora ministro della Sanità, Umberto Veronesi, a istituire un’apposita Commissione. A metà 2001 questa dà parere favorevole alla sospensione dell’alimentazione se è dimostrabile la volontà in questo senso delle persone in stato vegetativo permanente. Nel 2005 la richiesta viene respinta anche dalla Cassazione. E’ però la stessa Suprema Corte, con un rinvio a sorpresa, a riaprire nell’ottobre 2007 la questione.

In quell’occasione la Cassazione chiede alla Corte d’Appello di Milano di rivedere il proprio giudizio, sfavorevole agli Englaro. Per la Corte, il giudice può autorizzare il tutore a sospendere l’alimentazione, tenendo conto di due fattori: l’irreversibilità della condizione di Eluana e la sua dimostrata convinzione “quando era pienamente cosciente, di preferire la morte all'essere tenuta in vita artificialmente senza più capacità' percettive e avere contatti con il mondo esterno".“Inevitabile” la decisione della prima sezione civile della Corte d'Appello milanese, si legge nelle motivazioni redatte dal giudice estensore Filippo Lamanna. I giudici riconoscono “la straordinaria durata dello stato vegetativo permanente”di Eluana e la “altrettanto straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà e la sua visione della vita'', visione che appare ''inconciliabile'' con la condizione di Eluana, che vive “in uno stato di assoluta soggezione passiva all'altrui volere”.

Escludendo poi nella richiesta del padre e tutore “altro fine o interesse se non quello di rispettare la volontà” di Eluana e “il suo modo di concepire dignità e vita” i giudici autorizzano quindi la sospensione dei trattamenti di alimentazione artificiale per Eluana Englaro. La Corte dà disposizioni perché ciò avvenga in una struttura adatta , per garantire “un adeguato e dignitoso accudimento accompagnatorio della persona durante il periodo in cui la sua vita si prolungherà dopo la sospensione del trattamento, e in modo da rendere sempre possibili le visite, la presenza e l'assistenza, almeno, dei suoi più stretti familiari”.

Malgrado la diffida di Beppino Englaro, la Regione Lombardia fa sapere che il suo personale sanitario non può sospendere i trattamenti sanitari a Eluana.

Camera e Senato propongono alla Corte Costituzionale un conflitto di poteri contro la Cassazione, ma la Consulta lo dichiara inammissibile. Nel frattempo, la Procura generale milanese ricorre in Cassazione e chiede lo stop esecutivo dell’autorizzazione a togliere il sondino. La Corte ha l'ultima parola sul destino di Eluana.

F. M.

nella foto in basso, il papà di Eluana, Beppino Englaro

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