Bufale apocalittiche


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Le catastrofi annunciate (e mai avvenute) del Terzo Millennio

Un’inchiesta di Andrea Kerbaker. Edito da Ponte alle Grazie b

di Rita Piccolini

Ovvero quando una bufala, come spiega scherzosamente l’autore del libro presentandosi ai lettori, non è un gustoso tipo di formaggio, ma un evento apocalittico e minaccioso per l’intera umanità. Dal “millennium bag”, al morbo della mucca pazza, passando per la Sars e l’influenza suina, come sopravvivere senza troppe angosce.

Il tono è ironico e divertito, già dal titolo. La prosa è scorrevole, fluida, alcune affermazioni fanno sorridere o addirittura suscitano ilarità, ma il contenuto è tutt’altro che divertente. Si parla infatti delle nostre ansie, quelle rispetto alle quali siamo impotenti e che oltre tutto vengono amplificate a dismisura dalla stampa. Ebbene sì! I colpevoli sono il più delle volte proprio i giornalisti che senza rendersene conto, non esercitando il senso critico di cui sono ben dotati nella gran parte delle circostanze, amplificano e diffondono in buona fede notizie lanciate da esperti che, se analizzate con un certo distacco, apparirebbero per quello che veramente sono, soltanto ipotesi e nemmeno tanto probabili. Ma tant’è! In fondo anche i giornalisti sono persone, sono madri, padri, figli e il terrore colpisce anche loro e la paura, si sa, insieme al sonno della ragione, genera mostri.

Siamo stati anni senza mangiare la fiorentina. La specialità gastronomica toscana che ci ha reso famosi nel mondo è stata vietata a tutti. Abbiamo cominciato a guardare con sospetto la mansueta mucca, con i suoi begli occhi miti e lo sguardo vellutato. Quello che sempre nel nostro immaginario era stato il simbolo stesso della bontà e di una natura a noi amica è all’improvviso diventato inquietante. Anche le mucche impazziscono. Ce le hanno fatte vedere fino alla nausea mentre si muovono in modo scoordinato annaspanti nel fango dei recinti. Che pena! Ma soprattutto che paura! La loro terribile malattia la Bovine Spongiform Enchephalopathy, può con gli stessi catastrofici effetti contagiare l’uomo, per colpa dell’ingordigia di alcuni che ha portato a nutrire i bovini, erbivori e ruminanti, con farine animali create con le carcasse dei loro simili e facendo di loro dei cannibali. E l’incubazione della malattia può durare anni, persino decenni. E allora? Allora macellerie vuote, con danni economici devastanti… e incubi. Chi di noi non ha pensato con angoscia agli hamburger ingurgitati frettolosamente non solo in Italia, ma addirittura a Londra, dove i primi e più numerosi casi della variante umana delle “mucca pazza” si sono verificati? E i soggiorni estivi dei nostri figli nella capitale dell’United Kingdom, o a Edimburgo, o a Dublino... Quei poveri innocenti esposti a un pericolo micidiale per imparare approssimativamente poche parole di inglese! Un vero incubo. Per fortuna i casi sono stati pochi rispetto a quelli pronosticati. Non c’è stata la progressione geometrica paventata da alcuni studiosi. A distanza di un decennio non si sono ammalate migliaia di persone, nemmeno in Gran Bretagna. In Italia i casi accertati sono stati due e in tutta Europa qualche decina. Certo il pericolo c’è stato, non si può negare. Il controlli sono benedetti e comunque è meglio eccedere in precauzioni che sottovalutare il problema. Ma farci attanagliare dall’ansia davanti a una bistecca forse è stato eccessivo.

Ci siamo salvati dalla mucca pazza, grazie anche ai rigorosi controlli, e poco dopo siamo stati minacciati prima dalla Sars ( con la segnalazione di ogni singolo caso sospetto nel continente asiatico), poi dall’Aviaria, la temibile H5N1. Del resto gli epidemiologi e gli addetti ai lavori ai vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ce lo stanno spiegando da tempo che prima o poi si verificherà una pandemia molto aggressiva determinata dal “salto di specie”. Il pollame si ammalerà per un virus che potrebbe contagiare i maiali e poi colpire noi. Dopo tutte queste mutazioni il virus potrebbe risultare pestilenziale. Certo è probabile, possibile, potrebbe accadere, ma non è detto che accada, forse non accadrà, forse il nostro sistema immunitario resisterà, forse … ma chi può dirlo con certezza. E allora l’allarme diventa sconsiderato. Non si mangiano più polli, né galline, meno che mai la cacciagione. Noi giornalisti, scrivendo news, articoli o dagli schermi della televisione abbiamo parlato persino di alcuni cigni malati individuati a Kiev piuttosto che a Bruxelles o di uno morto sul Mar Nero, come segnale dell’ineluttabile catastrofe a cui l’umanità stava andando incontro, e questo soltanto pochi anni fa, nel 2005. Dopo una sbornia collettiva di notizie sui cigni in precarie condizioni (per mesi i media occidentali divennero un bollettino di uccelli morti) e di appelli drammatici di case avicole, macellerie e allevatori di pollame, qualcuno coraggiosamente ha cominciato a intuire che forse si stava esagerando. E allora ecco ministri, politici, famosi anchorman e uomini dello spettacolo, tutti a mangiare polli davanti alle telecamere. Ma si può vivere così? Sì, dopo l’aviaria la suina, la “micidiale” influenza A, ma questa è cronaca di ieri.

La catastrofe è in agguato ovunque e può sconvolgere le nostre vite inaspettatamente e per motivi anche molto diversi dalle malattie. Come non ricordare il millennium bag? Ha funestato l’avvio del terzo millennio. L’ultima notte dell’anno 1999 e la prima del 2000, mentre tutto il mondo festeggiava l’entrata nel nuovo anno, nel nuovo secolo, nel nuovo millennio, molti erano quelli che vigilavano e erano in allarme a causa di quello che i tecnici definirono un “baco” telematico. Avrebbe il sistema mondiale computerizzato riconosciuto la nuova data contraddistinta soltanto dai due zero finali? E qualora questo non fosse accaduto cosa avrebbe potuto accadere? Una catastrofe? Peggio, un “crash”. Il suono onomatopeico del termine inglese lo rende ancora più inquietante: un crollo irrimediabile che avrebbe potuto modificare la vita che fino allora avevamo conosciuto, facendoci piombare in un medioevo indistinto e senza speranza. Tutto ciò che è controllato dai computer sarebbe stato fuori controllo. Gli ospedali, l’elettricità, i bancomat, negli aeroporti, i più sofisticati sistemi di allarme e di sicurezza nazionale e mondiale, le Borse e tutti i mercati azionari e l’intero mondo dell’informazione. Lo scenario avrebbe potuto essere apocalittico: sale operatorie bloccate con possibili vittime; aerei senza controllo impossibilitati a decollare e ad atterrare fino a precipitare; i comuni cittadini nell’impossibilità di prelevare contanti o peggio chiusi chissà per quanto negli ascensori; il crollo della finanza mondiale; le città impazzite; bande di saccheggiatori all’opera nelle grandi città (un esempio fu il black out di New York di qualche anno prima); tutto ciò che contava fino allora privo di significato; l’impossibilità di comunicare e di essere informati dai media.

Mentre tutti brindavano, molti nei luoghi “sensibili” vigilavano. Anche nelle redazioni giornalistiche. La redazione di Televideo fu indicata come punto di riferimento dall’Azienda per informare tempestivamente i cittadini e rassicurarli, ammesso che i computer avessero potuto funzionare. Il tam tam dell’allarmismo sui quotidiani e sulle rivista specializzate era andato avanti per mesi, prima della fatidica mezzanotte, e qualcuno aveva lanciato l’allarme addirittura un paio d’anni prima. Un esempio? Andrea Kerbaker cita alcuni articoli pubblicati sui più autorevoli quotidiani italiani. Uno per tutti: su Repubblica Alberto Stabile scriveva: ”Nell’era della Comunicazione, le conseguenze potrebbero essere tragiche. Aerei che volano alla cieca. Centrali atomiche che si arrestano improvvisamente . Treni che partono all’impazzata. Camere operatorie che piombano nel buio”.

Ma il crash non ci fu. Tutti tirammo un sospiro di sollievo. Anche quella volta ce l’avevamo fatta. Ma era solo l’inizio. Ci avviciniamo al 2012. Già ci siamo sorbiti qualche film catastrofico e abbiamo interiorizzato inconsciamente che qualche cosa di imprevedibile potrebbe accadere. Che avessero ragione i Maya! Speriamo di non trovare nel frattempo qualche studioso che ci dimostri che i loro calcoli sulla fine del mondo, di un’epoca, della realtà che finora conosciamo siano esatti. E se qualche esperto lo farà, del resto mancano ancora due anni e sicuramente qualcuno si sentirà in dovere di dimostrarci che l’ineluttabile è dietro l’angolo, cerchiamo di non prenderlo troppo sul serio, in fondo perché preoccuparsi di qualcosa che non si può modificare.

Andrea Kerbaker, nato a Milano nel 1960, ha lavorato per 20 anni nella comunicazione dell’industria privata, prima per Pirelli, poi per Telecom. Ora insegna Istituzioni e Politiche culturali all’Università Cattolica di Milano. E’ del 2007 il suo saggio “Lo Stato dell’Arte”. E’ autore apprezzato di narrativa. Nel 1998 ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima. Il suo ultimo romanzo (2008) è “Coincidenze”. Vive a Milano con la moglie e tre figli che considerano le bufale una squisita varietà di mozzarella.