di Carla Toffoletti
>>> Intervista a David Meghnagi
“La vita e la morte sono affidate alla lingua”. Esordisce con questo proverbio David Meghnagi, alla Camera dei Deputati, Sala delle Colonne, dove viene presentato il suo libro “Le sfide di Israele. Lo Stato ponte tra Occidente e Oriente”, (Marsilio editore), all’interno di un dibattito sul vecchio e nuovo antisemitismo.
Dina Porat (direttore dello Sthephen Roth Institute per lo studio dell’Antisemitismo Contemporaneo, e del razzismo. Università di Tel Aviv) analizza il cambiamento nel modo in cui si è espresso negli anni l’antisemitismo malato, dal negazionismo alle nuove forme di sminuizione dell’olocausto, ma si parla soprattutto del libro di “David su Israele”, spiega Fiamma Nirenstein, in veste di moderatore, “il libro di un ebreo che è dovuto fuggire dalla Libia nel pogrom del ’67. Un uomo pratico, che sa guardare il mondo nella sua realtà, ma che è anche un sognatore, tanto da concludere il libro con un messaggio di grande speranza. Lui ha dentro di sé il mondo arabo e il mondo ebraico, e lascia aperta la porta del suo cuore, anche se la porta della storia è stata sbatacchiata parecchie volte”. E’ un libro che ci aiuta a riflettere su Israele al di là degli schemi, a superare stereotipi, a ricostruire i tratti di una realtà che è molto complessa, ci ricorda lo storico Giovanni Sabatucci , “un libro che pone domande che tutti dovrebbero porsi”. La parola all’autore.
“Quando le parole sono malate - spiega David Meghnagi - vanno curate ed io in questo libro mi sono proposto di curare le parole malate. Le parole sono un serbatoio attraverso cui costruiamo la realtà. Questo presuppone che io non debba mai dire nulla di cui un giorno potrei vergognarmi. E’ un atto politico, non solo morale, è la premessa perché il dibattito sia ricondotto ai suoi termini reali e il compromesso sia reso possibile. Non a caso la correzione della bozza del libro è durata un anno. In una lettera a Thomas Mann del 1935, Freud scriveva: 'Le parole sono azioni'. Noi analisti sappiamo che attraverso la parola si può guarire. Le parole curano. Certo non è facile parlare di Medioriente, dove le parole malate sono molte, quelle che demonizzano l’avversario, falsificano i fatti, cercano di costruire per sé alibi e giustificazioni".
L'autore analizza con un fondo di pessimismo quello che sta succedendo nella sua terra. "La partita si gioca in Europa – spiega – bisogna vedere come l’Europa reagirà alle sfide che si trova ad affrontare, se andrà incontro a conflitti sociali o religiosi, se reggerà la democrazia. Il Medioriente sta in Europa. Israele ha sperimentato in anticipo molti dei problemi che dilaniano oggi l’Occidente, ( la crisi dello Stato nazionale, l’immigrazione e le politiche di accoglienza che ne conseguono), ed è riuscita a salvaguardare la sua democrazia”. Ma qual è il fascino della società israeliana? “Svilupparsi nonostante tutto- ci spiega l’autore- la capacità di sognare un mondo e un futuro diverso. Il sogno è un progetto di vita. Non possiamo vivere senza sognare. Questo ha salvato i giovani israeliani. Ma il sogno va distinto dall’illusione, questo significa tenere aperte dentro di noi le frontiere dello spirito, gettare ponti di convivenza che rendano possibile in futuro le condizioni di una composizione politica del conflitti che dividono oggi Israele dai suoi vicini. I sogni possono diventare illusioni quando perdono il contatto con la realtà. Non dobbiamo smettere di sognare una realtà diversa , per evitare che la realtà ci sovrasti”.
Meghnagi persegue in tutto il libro l’idea di poter fare la pace. ("Perché mai –scrive- arabi ed ebrei, israeliani e palestinesi, non dovrebbero un giorno tornare a parlarsi?") . Ma come? “Israele è un’isola accerchiata da un oceano arabo e islamico che la vuole sommergere- spiega l’autore- e come insegna un antico proverbio arabo ‘chi vive in un isola deve farsi amico il mare’. Israele non è un ponte tra Oriente e Occidente, come recita il sottotitolo che ha voluto l’editore. E’ un isola in cui c’è il tentativo di sperimentare l’incontro tra Occidente e Oriente. Israele non ha le chiavi per uscire dal conflitto mediorientale. Deve sopravvivere al mare cercando di aprire un varco nel mondo arabo, costruire ponti che la rafforzino nei suoi rapporti per evitare di ritrovarsi isolata. Questa è la vera sfida: costruire un rapporto buono con i suoi vicini. Come? Non lo sappiamo. Possiamo aiutare gli israeliani? Solo con empatia, senza pretendere di insegnare nulla”.
David Meghnagi (Tripoli 1949) vive e lavora a Roma. Membro della Società psicoanalitica italiana e della International Psychoanalytical Association,è docente di Psicologia dinamica e Psicologia clinica alla Facoltà di Scienze della formazione a Roma Tre,dove insegna anche Psicologia della religione e Pensiero ebraico al Master internazionale di didattica della Shoah. Per Marsilio ha curato S. Freud, A. Zweig, Lettere sullo sfondo di una tragedia (1927-1939) (2000) e pubblicato Interpretare Freud. Critica e teoria psicoanalitica (2003), Il padre e la legge. Freud e l’ebraismo (20043) e Ricomporre l’infranto L’esperienza dei sopravvissuti alla Shoah (2005).