Orrore a Milano


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'Ndrangheta, pentita sciolta nell'acido

Era sparita un anno fa. Sei arresti, coinvolto l'ex convivente m

Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia scomparsa a Milano circa un anno fa, è stata uccisa e sciolta nell'acido in un terreno a San Fruttuoso, vicino a Monza. E' quanto emerge dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip milanese Giuseppe Gennari e notificata in queste ore dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano a sei persone. Nel provvedimento del giudice si ritiene che l'omicidio della donna sia stato una vera e propria "esecuzione".

Le ordinanze di custodia cautelare sono state chieste dal procuratore aggiunto di Milano Alberto Nobili e dai pm Marcello Tatangelo (dda) e Letizia Mannella. Gli arresti sono stati eseguiti tra Lombardia, Calabria e Molise e sono in corso perquisizioni. In base agli accertamenti e alle dichiarazioni di un paio di pentiti, Lea Garofalo, 35 anni, alla quale nel febbraio del 2006 era stato revocato il programma di protezione, tra il 24 e il 25 novembre scorsi, prima di essere assassinata e sciolta nell'acido in un terreno nell'hinterland milanese, sarebbe stata anche interrogata dai suoi esecutori. Dei sei provvedimenti, due sono stati notificati in cella a Carlo Cosco, ex convivente della donna - dalla relazione è nata una figlia ora maggiorenne - e a Massimo Sabatino. I due erano già stati arrestati a febbraio per un precedente tentativo di sequestro, avvenuto a Campobasso nel maggio dell'anno scorso, con lo scopo di uccidere la Garofalo per vendicarsi delle dichiarazioni da lei rese agli inquirenti, a partire dal 2002, contro alcuni affiliati alle cosche della 'ndrangheta di Petilia Policastro (Crotone).

Gli altri quattro destinatari del provvedimento del giudice Gennari sono i fratelli di Carlo Cosco, Giuseppe detto Smith (gli e' stato contestato anche lo spaccio di stupefacenti) e Vito detto Sergio, e altre due persone, una delle quali accusata solo di distruzione di cadavere. Secondo l'indagine, Carlo Cosco ha organizzato l'agguato teso a Lea Garofalo proprio mentre questa si trovava a Milano con la figlia. Proprio con il pretesto di mantenere i rapporti con la ragazza, legatissima alla madre, Cosco ha attirato la sua ex nel capoluogo lombardo. Almeno quattro giorni prima del rapimento, ha predisposto un piano, contattando i complici, assicurandosi sia il furgone dove é stata caricata a forza, sia la pistola per ammazzarla "con un colpo", sia il magazzino o il deposito dove interrogarla, e infine l'appezzamento dove si ritiene sia stata sciolta nell'acido. La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di "simulare la scomparsa volontaria" della collaboratrice e assicurare l'impunità degli autori materiali dell'esecuzione. Autori che inquirenti e investigatori hanno identificato in Vito e Giuseppe Cosco, ai quali Lea Garofalo è stata consegnata dagli altri due complici destinatari dell'ordinanza e indicati come i rapitori. L'accusa di omicidio è stata ipotizzata con le aggravanti della premeditazione. A dare l'allarme per prima per la sparizione della donna era stata proprio la figlia della Garofalo e di Cosco.

Dovevano eliminarla a Bari
Lea Garofalo avrebbe dovuto essere rapita e trasportata in Puglia per essere uccisa e sciolta nell'acido in una masseria in campagna nei dintorni di Bari, e per questo il suo ex compagno Carlo Cosco aveva procurato, chiedendolo ai cinesi di via Paolo Sarpi a Milano, un furgone su cui erano stati "caricati anche 50 litri di acido". Sono le rivelazioni di un compagno di cella di Massimo Sabatino, uno dei sei arrestati nell'ambito dell'inchiesta della Dda milanese sull'omicidio di Lea Garofalo, la collaboratrice di giustizia scomparsa a Milano lo scorso 24 novembre. Il detenuto, in carcere a Campobasso insieme a Sabatino, ha raccontato agli inquirenti milanesi quanto riferitogli dal suo compagno di cella: i particolari dell' 'esecuzione' della donna di circa un anno fa ma anche del precedente tentativo poi fallito di sequestrarla a Campobasso e di farla sparire. L'uomo, come si legge nell'ordinanza del Gip Giuseppe Gennari, riferendosi al primo tentativo non andato a buon fine, ha spiegato che secondo il piano predisposto da Carlo Cosco, l'ex convivente della donna, già in carcere dallo scorso febbraio per la vicenda e destinatario di una delle ordinanze eseguite la scorsa notte, Lea Garofalo "avrebbe dovuto essere sequestrata e quindi trasportata all'uscita autostradale di Bari, dove vi sarebbero stati due amici di Cosco ad attenderla che avrebbero dovuto prendere in consegna la Garofalo e portarla in una masseria in campagna dove questa avrebbe dovuto essere sciolta nell'acido".