I film del week end


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Buried

di Sandro Calice

BURIED - SEPOLTO
di Rodrigo Cortés, Spagna 2010 (Moviemax)
Ryan Reynolds.

La grandezza di una storia non si misura in metri quadrati. Ne era così convinto Rodrigo Cortés che, grazie anche alla sceneggiatura di Chris Sparling, è riuscito a raccontare una storia complessa e sorprendente in uno spazio ed un tempo asfittici.

Quando Paul Conroy apre gli occhi è buio. Paul non riesce a muoversi, ha qualcosa sulla bocca, forse è ferito, e sente solo il rumore del suo respiro. Esplora lo spazio con le mani, trova un accendino, uno Zippo, fa luce, ed è il terrore. Paul è in cassa di legno, sepolto vivo. Ricorda che fa l’autista a contratto e che si trovava in Iraq quando il suo convoglio è stato attaccato. Oltre all’accendino c’è un cellulare, impostato sulla lingua araba. Squilla. E una voce gli dice che ha 90 minuti di tempo per chiedere 5 milioni di dollari di riscatto in cambio della sua vita. Poi l’ossigeno finirà.

Cortés, al secondo lungometraggio dopo “The contestant” del 2007, dichiara da subito che il suo faro è Alfred Hitchcock. Senza scomodare i maestri, bisogna ammettere che è molto bravo a mantenere la tensione per tutti i 90 minuti della storia, che scorrono in tempo reale, muovendo la telecamera in maniera sorprendente, con primissimi piani, carrellate, piani sequenza e zoom che dilatano, senza perdere verosimiglianza, lo spazio della cassa. L’ottima interpretazione di Reynolds (Deadpool in “X-Men le origini – Wolverine”, star in ascesa oltre che marito di Scarlett Johansson) si appoggia su una trama piena di trovate e colpi di scena. Al centro c’è un telefono cellulare: la vita di Paul è appesa all’oggetto simbolo della nostra modernità tecnologica. Tutto dipende da lui. E non possiamo fare a meno di chiederci quanti numeri utili e importanti conosciamo a memoria e quanto siamo capaci di muoverci nel menù di un telefono senza conoscerne la lingua. Ce lo chiediamo perché (ed essendo un intento dichiarato del regista, riconosciamo la sua bravura) l’identificazione dello spettatore è massima: non ci sono distrazioni, e non possiamo fare a meno di sentirci anche noi in quella bara. Cosa faremmo? Quanta benzina c’è nello Zippo? Ma non ci scottiamo a tenerlo così? E la Sposa in “Kill Bill” come ha fatto a venirne fuori? Scherziamo, ma non tanto. L’altro pregio del film, infine, è che solamente con un uomo che parla a telefono il regista riesce a sfiorare, per “titoli”, come fossero citazioni, diversi generi: il thriller, l’horror, la spy story, il dramma, la storia d’amore. Perché non importa chi tu sia e cosa ti stia capitando: al telefono sei solo una voce e il tuo destino dipende dalla sensibilità e dall’intelligenza di chi risponde all’altro capo del filo.