Cinquant’anni dalla dolce vita


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'Marcello, come here…'

Fellini: il sogno italiano

di Rita Piccolini

A pochi giorni dall’apertura del Festival del Cinema di Roma, dai cartelloni pubblicitari lungo le strade o dalle fiancate degli autobus in corsa ci sorridono i volti dei nostri grandi attori: Sophia Loren, Gina Lollobrigida, Anna Magnani, Marcello Mastroianni…Quello che attira l’attenzione è lo slogan che accompagna queste immagini: ”Lunga e dolce vita al grande cinema”. Già “La dolce vita”.

Il film di Federico Fellini ha cinquant’anni e dallo scorso 5 febbraio, giorno dell'anniversario della prima proiezione in anteprima a Milano (segnata da giudizi entusiastici e da contestazioni feroci, fino agli sputi contro Marcello Mastroianni all’uscita del cinema), se ne parla molto, presentando mostre, organizzando dibattiti, recensendo libri. Uno degli ultimi comparsi in libreria è quello del professor Marino Biondi: ”Fellini: il sogno italiano. Cinquant’anni dalla Dolce vita” , edito da “Il Ponte Vecchio”.

Che “La dolce vita” segni l’inizio di una nuova epoca, in cui viene squarciato il velo dell’ipocrisia su un’Italia falsamente moralista e bacchettona, è stato sottolineato da tutti i critici cinematografici e da tutti gli intellettuali che hanno scritto su Fellini e su questo film negli ultimi anni.

Marcello, il protagonista, è uno scrittore fallito che per vivere svolge l’attività di reporter per alcuni giornali scandalistici della capitale. Di fronte ha una realtà di lustrini che nasconde alienazione, noia, squallore e morte ha perso l’innocenza e la speranza.

Solo in qualche raro momento intravede la possibilità di salvezza: quando la ninfa Anita Ekberg, il mito che arriva da una terra straniera, lo “battezza” simbolicamente nella Fontana di Trevi; quando si rende conto di non aver mai avuto un rapporto vero e profondo con il padre; quando Paola, la giovanissima Valeria Ciangottini, con il volto dell’innocenza, lo chiama in riva al mare, da lontano, e lui non capisce e rifiuta l’invito seguendo con noia e rassegnazione il gruppo di alienati, alcolizzati, viziosi, disperati e condannati alla solitudine con cui è solito accompagnarsi.

Tuttavia una possibilità di salvezza c’è ed è nella consapevolezza che si può acquisire anche guardando un film. “Cinefili e cinefigli, ecco quello che siamo stati -scrive il professor Biondi nell’introduzione, citando a sua volta G. Aristarco nel “Cinema fascista il prima e il dopo”, – siamo nati o rinati anche dal cinema o siamo cresciuti vedendo film. I film ci hanno educato, ma prima ancora ci hanno divertito e appassionato, fino all’innamoramento”.

Non era passato un anno da quel 1960, spiega il professor Biondi, che il fantasma della “Dolce vita” cominciò puntualmente a riapparire al regista. “A Fellini non si chiedeva solo di ricordare ma di spiegare i significati palesi o reconditi del film, e ogni artista sa bene che un film dovrebbe camminare con le proprie gambe. E’ assurdo che un regista debba spiegarne il significato a parole”.

Questo ci fa pensare che il modo migliore di rendere omaggio a Fellini nel cinquantenario di una delle sue più grandi opere sia proprio quella di andarsela a rivedere, ce lo suggeriscono le parole dello stesso professor Biondi. O vederla per la prima volta, questo sarebbe opportuno per i più giovani, perché le profezie che si sono avverate ai giorni nostri ci fanno considerare il regista quasi un vate.

Come non riflettere sul ruolo dei “paparazzi” che, come animali intorno alla preda, cercano di carpire il momento del dolore immenso negli occhi di una madre che sta per scoprire che il proprio marito (Steiner) ha ucciso i suoi due figli prima di suicidarsi. Come non pensare a terribili episodi di cronaca recenti, addirittura di questi giorni, in cui l’annuncio di una tragedia è possibile viverlo in diretta televisiva? E’ un viaggio la visione di questo film in cui si ritrova l’Italia com’era nel momento in cui si trasformava in qualcos’altro. Una realtà nuova, più moderna, stimolante, da cui tuttavia già si percepivano in controluce gli eccessi e le brutture della realtà contemporanea.

Una realtà del nostro cinema quella degli anni ‘60 comunque vitale e stimolante al punto che Anouk Aimée, ricordando il set de “La dolce vita”, la definisce significativamente: “La bella vita”. Nel libro, parlando del film, si descrive come nel frattempo sia cambiato il concetto di star, dall’Anita Ekberg di allora “emozionante sacralizzazione della donna-star nel cinema italiano”, alle top model di oggi, ”stelle a irradiazione fredda… che si limitano a interpretare la loro stessa bellezza, in una procedura narcisistica del talento”; di come Roma, “dopo che ci passò un provinciale di genio fu anche via Veneto e una vita che da allora fu detta la dolce vita …un ciak, una finzione che divenne realtà”; si parla quindi di un presente che dopo 50 anni, molto più di quanto non voglia un’occasione “anniversaria e celebrativa” contiene tutta “una profonda memoria di quel film, di quella metamorfosi che le immagini impresse sulla pellicola avviarono nella società italiana”.

Marino Biondi percorre le strade della memoria e della storiografia specializzata, realizzando una delle ricerche più importanti sul mondo di Federico Fellini, dalla genesi del film, fino al progetto del leggendario film solo sceneggiato e mai realizzato “Il viaggio di Giuseppe Mastorna”, che in qualche modo doveva essere “meta-film dei suoi film compiuti e da compiere”, di cui il volume riproduce il copione andato in scena, per la regia di Gabriele Marchesini, al Teatro Bonci di Cesena il 13 luglio 2008.

Un percorso dalla vita alla morte, da Marcello a Mastorna, “dalla non-vita, forse alla non–nascita di un mitico Mastorna, doppio del regista, protagonista di un mondo parallelo, caotico, enigmatico instabile” come scrive Franco Pollini, che ha collaborato con Marino Biondi alla realizzazione dello spettacolo teatrale, nelle pagine di presentazione al libro.

Marino Biondi insegna “Storia della critica e della Storiografia letteraria” alla facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. Ha scritto molti libri di storia letteraria moderna e contemporanea tra cui “Capriccio e coscienza .Scrittrici fra due secoli”; “Renato Serra. Le lettere la storia. Antologia degli scritti”; “Serra a teatro. Commemorazioni e discorsi nel “Comunale” di Cesena”. “Fellini: il sogno italiano” è il suo primo libro sul cinema.