Parigi controcorrente

Tonde e chic u

di Rita Piccolini

Se doveva accadere non poteva che essere a Parigi. I nostri cugini d’oltralpe riescono sempre a sorprendere e, al culmine della settimana del pret à porter femminile per la prossima primavera estate (in corso dal 28 fino al 6 ottobre), fanno sfilare le cosiddette “tonde”. E non è una collezione “di nicchia” quella che viene riservata alle donne di corporatura rinascimentale, è un grande che firma alcuni modelli: Jean Paul Gaultier, che ha realizzato abiti per “per chi è padrona di sé e vive con gioia il suo corpo”.

Jean Paul Gaultier fa aprire la sfilata da Beth Ditto, la cantante che pesa 100 chili, ed è subito “evento”. “Basta guardarsi in giro per vedere che esistono anche le taglie 48 e oltre” spiega lo stilista. Già è persino ovvio. Si dice da tempo che bisogna pensare anche alle donne cosiddette “normali” se non addirittura sovrappeso! Da molti illustri esponenti della medicina e del mondo della cultura vengono lanciati appelli agli stilisti perché non facciano sfilare modelle troppo magre, al limite dell’anoressia. L’esempio potrebbe essere un’arma importante per sconfiggere i disturbi dell’alimentazione, che affliggono soprattutto le più giovani. Ma a parte qualche rara e lodevole eccezione, l’appello a casa nostra è rimasto lettera morta. Alla settima della moda di Milano appena conclusa a c’è stata polemica perché ad aprire la manifestazione non è stata, come negli anni precedenti, la sfilata di Elena Mirò, per taglie più grandi. Poi, la collezione è stata presentata lo stesso, ma senza il rilievo che avrebbe avuto se fosse stata una collezione del calendario ufficiale.

A cosa dobbiamo attribuire questa scarsa sensibilità a un problema grave segnalato ormai da anni? Durante la fashion week milanese ci sono state importanti eccezioni. Oltre alla già citata Elena Mirò ricordiamo Laura Biagiotti, che ha creato una splendida collezione con abiti più larghi e scivolati, adatti ad esaltare sia la silhouette delle longilinee, che a minimizzare le rotondità eccessive delle più formose. Ma la stampa non ha segnalato questa proposta con il dovuto rilievo, e forse il fatto che a sfilare siano state sempre e solo le alte e filiformi modelle, non ha aiutato a percepire quanto fosse innovativa e moderna la proposta. Già moderna, perché a una donna di oggi non possono essere proposte soltanto linee austere e tristi che mortificano il corpo e lo spirito. Purtroppo nella maggior parte dei casi sono così gli abiti che si trovano nelle boutique per le “oversize”. Quello che manca è la fantasia.

E proprio sulla fantasia ha giocato una celebrità della moda come della moda come Jean Paul Gaultier. Viene da pensare che lo stilista sia talmente sicuro della propria autorevolezza da non temere di andare controcorrente. Ma anche i nostri stilisti sono grandissimi e apprezzati nel contesto internazionale. Peccato che non sia partita da noi questa innovazione, o , quando è stata timidamente accennata, non sia stata sottolineata dagli addetti ai lavori. Quindi a Parigi via con gli abiti senza taglia, giocando con i tessuti e con il plissé che si estende a piacere. Poi ci sono le scarpe con il tacco a doppio stiletto, le calze in pizzo, piccole giacche da indossare con culotte. Perché le donne francesi vogliono stupire e soprattutto vestire ignorando l’imposizione delle regole, come suggerisce la collezione di Sonia Rykiel. Per il resto sfilate molto belle, come da copione, create dalle grandi firme. Giacconi da marinaio sotto ai quali indossare impalpabili abiti molto femminili, con stampe di orchidee, fiori di ibisco e palme dei mari del Sud, e al collo collane di fiori da John Galliano per Christian Dior. Per Lanvin “l’abito che ti fa bella” è in due versioni: o aderentissimo, tipo guaina e totalmente stretch, o l’altro metà stretch e metà in foulard di seta. E già poter scegliere tra due diversi modi per sognare e far sognare è un bel passo avanti. Innovativa anche Vivienne Westwood, che decisamente controcorrente invita a spendere meno per vestirsi, per combattere il consumismo eccessivo che minaccia l’intero pianeta e il suo delicato equilibrio. Gli abiti con il bustini a forma di grande cuore significano questo: basta con l’usa e getta; comprare meno abiti, ma di maggiore qualità e indossarli più volte, divertendosi a reinterpretarli. Del resto non facevano così le donne delle generazioni precedenti? E’ azzardato dire che fossero più eleganti di noi? No. Lo erano. Le loro mise si ricordavano per qualità e ricercatezza. I tessuti erano naturali. Un bel cappotto di lana si portava anche anni, così anche un tailleur. Il buon gusto degli abiti su misura era una caratteristica del modo di vestire anche di chi non poteva spendere molto.

Ma anche a Parigi non mancano i contrasti: dai tubini neri molto chic di Roland Mouret, modellati con semplici pieghe o i pantaloni maschili con bluse romantiche dalle maniche a farfalla, al tutto punk con tanto di borchie e spille da balia da Balmain. Dalle tinte pastello, le trasparenze e i fiori di Dries Van Noten, alla donna dall’aria più dura e mascolina proposta da Balenciaga. Atmosfere orientali per Romeo Gigli, con pantaloni e tuniche arricchiti da ricami metallici realizzati in India, e decori di piume applicate a tute velate per Zac Posen , il “pupillo “ americano di Anne Wintour, che teorizza di disegnare per le donne “che amano il sesso, il cibo e gli amici”.