di Sandro CaliceLA PECORA NERA
di Ascanio Celestini, Italia 2010 (BIM)
Ascanio Celestini, Giorgio Tirabassi, Maya Sansa, Luisa De Santis, Nicola Rignanese, Barbara Valmorin, Luigi Fedele.
Si fa presto a dire pazzo. Il disagio ha mille sfumature, luoghi insospettabili, diverse forme. La pazzia, forse, è solo la più visibile, ma dipende dallo sguardo. “Quelli che abitano nella mia città finiscono tutti al manicomio. Qualcuno ci lavora, qualcun altro ce lo rinchiudono”. Lo dice Nicola, 35 anni passati in manicomio, che per lui è un “condominio di santi”. Nicola è nato negli anni ’60, “i favolosi anni Sessanta”. E ricorda di quando era bambino, della nonna che lo ha cresciuto che metteva le calze della farmacia solo per accompagnarlo a scuola, della maestra che diceva “che vuole, non ce la fa, non ci arriva”, di Marinella che era la bambina più bella, della madre che piano piano si spegne in manicomio, del padre e dei fratelli che lo considerano uno strano: “Lui si inventa le cose, le vede proprio”. Così decidono di lasciarlo per un periodo alle cure della suora del manicomio, giusto per un po’…tutta la vita. Nicola ha un amico che lo accompagna sempre a fare la spesa con la suora, e al supermercato lavora Marinella. Mettere tutto in ordine e fare la spesa e incontrare Marinella sono le cose che lo fanno stare bene. Ma Nicola sa che deve temere il buio, quel buio che l’elettricità che usano al manicomio aiuta a tenere lontano, perché “il buio fa paura. E si può morire di paura dedl buio”.
Celestini porta al cinema lo spettacolo che da cinque anni presenta a teatro. “Nello spettacolo teatrale – dice l’autore – è tutto nella tua testa. Insomma lo spettacolo teatrale poi te lo riporti a casa. Per il film è invece tutto diverso”. “La pecora nera”, però “non è un film sulla pazzia, ma casomai sul disagio, sulla disistima, sullo spaesamento della presenza, come diceva De Martino. Quella condizione che fa si che non sei da una parte né da un'altra”. Per questo “non è un film di denuncia della barbarie del manicomio, ma piuttosto del manicomio come istituzione al pari di altre come il carcere e la scuola, che sono cose altrettanto alienanti”. Girato nell'ex manicomio di Santa Maria della Pietà, a Roma, con la fotografia di Daniele Ciprì, il film è un viaggio tenero, fastidioso, duro nella realtà di Nicola, che allo spettatore non è dato sapere fino alla fine quanto sia vera e quanto inventata. La “lucidità” della voce narrante fuori campo stride con la bizzarria dei comportamenti e spinge a interrogarsi sul significato di pazzia e sofferenza. Un film che “non è solo da vedere, ma anche da ascoltare”, suggerisce Celestini.