Domenica 3 ottobre, i brasiliani sono chiamati alle urne per eleggere il presidente della Repubblica, i governatori dei 27 Stati federali e rinnovare la Camera e il Senato federale e le assemblee locali. Se nessun candidato presidente o governatore otterrà la maggioranza assoluta, i ballottaggi si terranno i 31 ottobre. Il voto è obbligatorio per tutti i cittadini di più di 18 anni; chi diserta le urne deve giustificarsi ed è soggetto al pagamento di una multa, in realtà simbolica. Possono iscriversi alle liste elettorali anche i giovani di 16 e 17 anni.
Con 136 milioni di elettori, il Brasile è la quarta democrazia mondiale, dopo India, Stati Uniti e Indonesia. La cifra è aumentata del 7,8% rispetto alle ultime elezioni; le donne rappresentano il 51,8% del corpo elettorale, gli uomini il 48,2%. Le schede bianche e nulle sono considerate non valide a tutti gli effetti: il conteggio dei voti che otterrà ciascun candidato non ne terrà pertanto conto. Il sistema elettorale è maggioritario per l’elezione diretta di presidente e governatori nonché per il Senato; proporzionale per la Camera.
Nonostante il suo indice di popolarità sia stabilmente tra i più alti del mondo, il presidente uscente, José Inacio Lula da Silva, è impossibilitato a candidarsi per un terzo mandato dalla Costituzione. Da ormai un anno, Lula ha fatto della sua “pupilla”, l’ex ministro Dilma Roussef, la candidata ideale alla sua successione. Tutti i sondaggi indicano che sarà eletta, ma mentre alcuni la vedono vincere al primo turno con oltre il 50% dei voti, secondo altri sarà necessario ricorrere al ballottaggio.
La campagna per le presidenziali è stata molto personalizzata e aspra, con ripetute denunce e scandali pressoché quotidiani. La stampa ha seguito la campagna con ironia, istituendo ad esempio le sezioni “promessometro” e “menzognometro”. I giornali hanno denunciato i numerosi scandali di corruzione che hanno colpito il governo, suscitando l’ira di Lula.