Sakineh Mohammadi Ashtiani, 43 anni, donna iraniana di etnia azera, nel maggio del 2006 viene condannata da un tribunale di Tabriz (nord del paese) a 99 frustate per adulterio, secondo una norma modellata sulla legge islamica (sharia).
La donna, che ha due figli adolescenti, una ragazzo e una ragazza, e' considerata colpevole di aver avuto relazioni illecite con due uomini dopo la morte del marito. Sakineh ha confessato l'adulterio, ma in seguito dira' di averlo fatto sotto tortura. La sentenza viene eseguita, alla presenza del figlio, Sajad Ghaderzadeh, all'epoca 17enne. Nel settembre del 2006 un altro tribunale, che processa i suoi due presunti amanti per l'omicidio del marito, la condanna a morte per lapidazione come complice nel delitto e per adulterio quando il consorte era ancora vivo.
La sentenza viene confermata nel 2007 dalla Corte suprema iraniana. Il caso arriva all'attenzione della comunita' internazionale solo nel giugno del 2010, quando i due figli lanciano un appello per salvarla dall'esecuzione, prevista per luglio. Parte una mobilitazione internazionale a favore di Sakineh, che coinvolge anche i governi francese e italiano, il presidente brasiliano Lula e la premiere dame di Francia Carla Bruni. Un giornale iraniano per questo definisce la Bruni una ''prostituta'' che ''merita la morte'', ma lo stesso presidente Ahmadinejad condanna l'attacco. Striscioni con il volto di Sakineh vengono esposti sulle facciate di numerosi enti locali in Italia.
Uno degli avvocati della donna, Mohammad Mostafai, attivista per i diritti umani, fugge all'estero per evitare un mandato di arresto. A luglio le autorita' di Teheran fanno sapere che l'esecuzione e' stata sospesa e che nessuna decisione definitiva e' stata ancora presa su Sakineh. Il 12 agosto la tv di stato iraniana mostra la donna che confessa l'adulterio e la complicita' nell'omicidio del marito.
Il figlio Sajad e il suo avvocato Houtan Kian dicono che la confessione le e' stata estorta con la tortura e che tutti i giorni alla donna viene detto che verra' giustiziata l'indomani. L'8 settembre il ministero degli Esteri di Tehran ribadisce che la lapidazione e' sospesa e che il caso viene riesaminato. Oggi il procuratore generale iraniano, Gholamhossein Mohseni-Ejei, ha detto che la donna sara' impiccata perche' la condanna per omicidio (punita con l'impiccagione) prevale su quella per adulterio. Ma il portavoce del ministero degli Esteri ha smentito il magistrato, affermando che il processo non e' ancora finito.