Riforma e rinnovi contrattuali. Confronto con governo e parti sociali sui temi caldi del Paese, strategie contro la crisi economica globale. Difficile individuare le priorità. Cerchiamo con il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, di delineare i punti salienti di questo autunno al calor bianco.
“Stiamo tessendo una tela capiente per contenere tutti i settori – sottolinea il sindacalista- una tela multicolore che comprenda le realtà del mondo del lavoro. Siamo partiti confrontandoci con Confindustria e abbiamo definito un meccanismo molto affidabile. Poi abbiamo proseguito con Confcommercio, abbiamo completato con il settore pubblico, stiamo discutendo con gli artigiani. Abbiamo avuto un confronto con l’Abi. Il nostro obiettivo è quello di costruire uno scheletro che vada bene a tutti: un impianto contrattuale da riempire tenendo conto delle proprie esigenze settoriali e il nostro obiettivo si sta concretizzando”.
E’ possibile coniugare le esigenze del pubblico con quelle del privato? Le problematiche sollevate dal ministro della Funzione Pubblica Brunetta con quelle del presidente di Confindustria, Marcegaglia?
Certamente. Abbiamo definito l’accordo con il pubblico, adottando il sistema privato come base su cui costruire il modello contrattuale del settore pubblico. Proprio perché produttività e merito devono rappresentare i capisaldi del sistema contrattuale che deve essere utile per i lavoratori e per la qualità e la quantità di servizi resi alla cittadinanza e alle imprese.
Brunetta ha posto il problema dell’efficienza nel Pubblico impiego dando la caccia ai fannulloni. Condividete questo progetto?
La condivisione c’è. Il problema è la pazienza che ci vuole, la collaborazione che è necessaria, il clima che si deve costruire per riformare un impianto malconcio così com’è quello del Pubblico impiego. I veri riformatori hanno pazienza, sanno ascoltare, sanno coinvolgere. Nel Pubblico c’è l’importante comparto della scuola che con le misure approvate cambierà fisionomia…Voglio precisare che noi non la giudichiamo una riforma: perché non si può definire tale un taglio di sei, sette miliardi portato avanti da un semplice decreto e da un voto di fiducia in Parlamento. Non c’è stata una discussione con le parti sociali, né con gli enti locali e quindi le famiglie sono rimaste fuori dai giochi.
Con la riduzione del costo del denaro di mezzo punto percentuale qualche cosa cambierà anche per le famiglie e le imprese.
Non c’è dubbio. Per questo motivo vogliamo aprire un tavolo con il governo affinché non avvenga che quando c’è da guadagnare spetti ai privati e quando c’è da ripianare spetti ai cittadini.
La detassazione delle tredicesime è uno dei provvedimenti più invocati. Può essere una misura efficace?
La prima detassazione che chiediamo è quella del salario di produttività, che vale due volte: perché provoca una discussione forte sulla quantità e la qualità dei prodotti, tanto necessari per le imprese e per i lavoratori che se ne distribuiscono il frutto. E poi perché attraverso questo frutto, più il salario, il salario si moltiplica per effetto di un taglio vigoroso di tasse. La seconda detassazione deve riguardare i pensionati e i non autosufficienti attraverso provvedimenti forti. E poi possono venire le detassazioni delle tredicesime, delle quattordicesime e delle quindicesime, per chi ce le ha. C’è un ordine delle priorità.
Quali le vostre prossime mosse?
Se da governo e controparti dovessimo avere risposte del tutto insufficienti, naturalmente, ci mobiliteremo. Ma chi farebbe un accordo con chi, prima di discutere, gli sferra un pugno in faccia?
F.Ch.