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Giulio Cesare, il mito dell’imperatore

In mostra a Roma fino al prossimo 5 aprile Giulio Cesare

di Emanuela Gialli

Prosegue al Chiostro del Bramante a Roma, la mostra dedicata, per la prima volta in Italia e nel mondo, a Giulio Cesare. Inaugurata lo scorso 24 ottobre, alla presenza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la mostra, in programma fino al prossimo 5 aprile, è già stata vista da oltre 14 mila persone, 4 mila solo sabato 1  e domenica 2 novembre, attirate dalla grandezza del personaggio e delle opere che lo raccontano, come la Statua di Venere genitrice, proveniente dal Louvre di Parigi, e il “Cesare Verde”, del I secolo d.C., che si deve alla raccolta privata di Ferdinando II di Prussia.

E dalla Romania, per la prima volta in Italia, il dipinto di Rubens, che raffigura la consegna a Cesare della testa di Pompeo, inizialmente suo alleato e poi uno degli artefici del suo assassinio.

Esposta anche la Cleopatra bianca di Michelangelo, ritratto su carta del 1533, che, una volta chiusa la mostra, tornerà al buio per qualche anno, per essere conservata integra nei tratti e nel colore. "Non tutti sanno che Giulio Cesare era un collezionista di pietre incise, cammei in particolare, e di perle", spiega il Professor Luigi Gentili, uno dei curatori della mostra. Da qui la scelta di inserire un segmento espositivo con gemme e gioielli di varie epoche, alcuni forse addirittura appartenuti al Dittatore. Completano il percorso storico-culturale su Giulio Cesare, le armi, molto apprezzate dai visitatori, soprattutto quelle usate nella Guerra di Gallia, per sconfiggere Vercingetorige.

Vasta infine la cineteca, con film che narrano il mito di Cesare e Roma antica.

L'OPINIONE SULLA MOSTRA - INTERVISTA AD ACHILLE BONITO OLIVA

Quattrodicimila visitatori in due settimane settimane. Come si spiega Professore questo successo?
Giulio Cesare fu un uomo totale, che anticipò l’ideale rinascimentale. Fu uomo d’armi e di lettere (scrisse il “De bello gallico”). Ha saputo impostare una strategia politica innovativa, che però lo ha portato alla morte per mano dei suoi avversari. Fu il primo dittatore della storia, inteso proprio come conduttore, per questo spaventò la classe aristocratica, dalla quale tra l’altro proveniva. E’ stato molto riprodotto nella statuaria: di lui esiste una vasta documentazione visiva ante litteram. Fu amato a tal punto, da essere considerato dai politici dell’epoca non governabile. Per questo fu ucciso. E per questo ancora oggi è seguito e amato”.

Perché andare a vedere una mostra, anche se la prima nel mondo, dedicata a Giulio Cesare, invece di prendersi uno dei tanti libri scritti su di lui?
Perché in una società di massa anche l’occhio vuole la sua parte. E poi, mentre con il libro si ha una fruizione individuale del mezzo, in una mostra la fruizione è comune, condivisa da più persone. A una mostra l’attenzione è disattenzione e viceversa. Diventa un vissuto collettivo. In fondo, in entrambi i casi, ci si affida comunque all’opera di chi ha visto, vissuto e raccontato Giulio Cesare, a modo suo, in sculture, dipinti e ritratti, molti dei quali postumi. La statuaria romana ha un intento celebrativo e aggiunge, rispetto a quella greca, un elemento psicologico, una gravitas, che accosta il personaggio alla realtà, lo rende più reale e meno interpretabile.

Qual è il valore aggiunto dell’arte figurativa nel racconto e nella narrazione di un personaggio storico come Giulio Cesare?
L’immagine è una sorta di apparizione, è la descrizione del carattere e della personalità di un personaggio. Le statue, i busti, di Giulio Cesare riproducono elementi scolpiti che hanno il suo vissuto e un tratto di autorevolezza, dato da quel naso reso in tutte le opere molto evidente. Con il suo naso colma le distanze della storia e crea una continuità tra l’antica Roma, l’Urbe Eterna, e la Roma attuale.