ESSENTIAL KILLING
di Jerzy Skolimowski. Polonia, Norvegia, Ungheria, Irlanda (2009)
Vincent Gallo, Emanuelle Seigner.
C’è l’Afghanistan, l’esercito americano, un talebano in fuga, torture, segreti e uccisioni. Ma non è un film sulla guerra.
Mohammed viene catturato dai soldati americani in Afghanistan, interrogato, torturato e trasferito in un centro di reclusione segreto in Europa. Durante il trasporto, però, il mezzo su cui viaggia ha un incidente, e lui si trova libero e braccato in una foresta ghiacciata in una terra sconosciuta. Solo, ferito, affamato, deve lottare ferocemente se vuole sopravvivere.
Skolimowski (“The shout”, “The lightship”, “Four nights with Anna”) parte dall’esistenza di centri di reclusione segreti, i cosiddetti “luoghi neri” della Cia, in Europa. Ma è l’unico dato “politico” del film, solo una cornice, un pretesto per raccontare “la storia di un uomo scalzo, in catene, in lotta contro il mondo”. E il film è questo: un viaggio straziante e disumano, la visione della bestialità a cui può arrivare un uomo, qualsiasi uomo, se in gioco c’è la sua vita. Non sappiamo niente di lui, nemmeno se è colpevole o innocente, né dice una sola parola per tutta la durata del film. Per interpretare il personaggio, dice il regista, Gallo “si è auto-torturato per tutte le riprese, soffrendo il freddo e la fame, senza avere alcuna vita sociale”. Ma non c’è nulla di “eroico”, solo disperazione.