Intervista a Joschka Fischer


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'La Germania traina l’Europa perché rafforzata dalla caduta del muro'

L’ex-ministro Verde tedesco parla a Televideo fisher_296

di Francesco Chyurlia

La crisi internazionale è stata una sorta di banco di prova per la tenuta dell’Europa. Quasi tutte le nazioni, attraverso piani di rientro, sono riuscite a tamponare gli effetti tragici di una situazione economica seconda solo alla crisi del ’29. La Germania che in passato era la locomotiva d’Europa è riuscita a riprendersi il primato nell’Unione. Come c’è riuscita?

L’ex ministro degli Esteri Tedesco, Joschka Fischer, (ex-vice Cancelliere nel Governo di Gerhard Schroder dal 1998 al 2005, membro di spicco dei Verdi tedeschi, tra i protagonisti delle proteste studentesche del ’68 in Germania e dal giugno del 2009 nel board della società che costruirà il gasdotto Nabucco in qualità di consulente) risponde volentieri alle domande di Televideo e sorride con un malcelato orgoglio nazionale.

“La Germania è stata messa alla dura prova, per 15 anni, con una crisi molto grave che è stata la conseguenza della caduta del muro di Berlino e quindi ha portato con sé problemi su diversi piani: politico, economico, sanitario. Questo ha indotto il Paese a fare una serie di riforme in tutti i campi. L’esperienza passata ci ha fortificato e ci ha messo in condizione di rispondere meglio alla crisi attuale”.

La differenza tra la Germania e il resto d’Europa è solo l’esperienza?
“No, non soltanto. Il secondo elemento è che la nostra industria è sempre stata rivolta al mercato globale, alla competitività e all’innovazione. Il terzo elemento di vantaggio è legato ai sindacati”.

I sindacati?
“Sì, i nostri sindacati lavorano molto bene con le nostre industrie. Insieme riescono, in sintonia, a formulare programmi di avanzamento”.

La crisi ha messo alla dura prova il trend di crescita europeo. Una crescita rappresentata da un parametro, il Pil (Prodotto interno lordo) che, da prestigiosi economisti come il francese Fitoussi, è criticato, o per meglio dire, ridimensionato. Il benessere di un popolo, sostengono, non può essere rappresentato solo da un parametro per misurare la qualità della vita di un Paese. Lo stesso si dice delle statistiche che, facendo la media dei fenomeni socio-economici, spesso non inquadrano in termini reali la realtà delle cose. Quali altri fattori potrebbero essere inseriti per rappresentare al meglio realtà quali, l’inflazione, la disoccupazione, la crescita?
“Non sono un economista, ma posso dire che, per quanto riguarda l’Italia, la gente non sta male, in linea di massima. Però ci tengo a sottolineare che noi europei ci stiamo appoggiando ancora all’economia del passato. Senza renderci conto che adesso ci sono delle forze nuove e maggiori rispetto ai nostri piccoli staterelli europei dove ognuno crede di essere al centro del mondo. L’Italia, la Francia e la Germania non sono assolutamente nulla rispetto alla Cina, al Brasile, all’India che stanno facendo dei passi molto più importanti dei nostri, prendendo grandi spazi nel mondo. Noi, aggrappati alle nostre vecchie convinzioni e al nostro vecchio passato rimarremo sempre più indietro”.
Questo spiega anche i fatti di Copenhagen riguardanti il clima e l’energia, dove Cina, Brasile e India hanno avuto un ruolo importantissimo in questo evento”.

L’economia italiana ha un grosso problema: la disoccupazione giovanile e femminile. I giovani senza lavoro sono più del doppio della media nazionale e così quella femminile. La realtà economica di Paesi come Cina o India ridisegna, volente o nolente, le regole del gioco anche a livello lavorativo e i rapporti sindacali tra aziende e lavoratori. L’Europa dovrebbe adeguarsi alle nuove logiche di mercato o rimanere saldamente ancorata alle conquiste sindacali del passato?
“Io posso dire cosa succede in Germania. Noi abbiamo un mercato del lavoro abbastanza rigido e abbiamo bisogno dell’1, 2% di crescita per creare nuovi posti di lavoro. Con l’1,2% di crescita riusciamo a rimettere in moto il mercato del lavoro. La flessibilità è molto importante per restare sul mercato internazionale, anche se non è mai così semplice applicarla e conciliarla con le richieste dei sindacati. Uno dei motivi per cui i giovani vengono inseriti facilmente nel mondo del lavoro in Germania è legato al fatto che da noi c’è il ‘dual system’.

In che consiste questo ‘dual system’?
“I giovani, oltre a studiare, devono fare anche apprendistato presso le aziende. E questo modello ha un enorme consenso da parte di tutte le forze economiche, dai sindacati, dalle famiglie. Questi ragazzi vengono inseriti gradualmente nel mondo del lavoro in modo quasi impercettibile. In Italia un giovane se vuole fare il cuoco va a scuola a imparare a cucinare e basta. In Germania il giovane fa la scuola per cuochi ma fa anche un apprendistato in ristoranti. In questo modo il passaggio dalla scuola al lavoro è del tutto naturale. Questo vale per qualsiasi tipo di lavoro”.