Speciale Venezia 67


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La solitudine di Costanzo

Si chiude il quartetto degli italiani in gara

Il quartetto di italiani in gara a Venezia 67 si chiude con Saverio Costanzo e il suo “La solitudine dei numeri primi”, tratto dal romanzo di Paolo Giordano, che firma anche la sceneggiatura insieme al regista. In concorso oggi anche “13 Assassins” di Takashi Miike. Fuori concorso, “That girl in yellow boots” dell’indiano Anurag Kashyap, “Zebraman 2” sempre di Miike, “Notizie dagli scavi” di Emidio Greco e in Controcampo italiano “Il primo incarico” di Giorgia Cecere con la madrina della Mostra Isabella Ragonese.

Domani l’attesa è tutta per un altro film tratto da un best seller, “La versione di Barney” di Richard J.Luis con Dustin Hoffman. Gli ultimi film in concorso sono “Road to nowhere” di Monte Hellman e “Drei” di Tom Tykwer. Ma ci sono anche il documentario “L’ultimo Gattopardo” di Giuseppe Tornatore e il ritratto “Dante Ferretti: production designer” di Gianfranco Giagni.

Arrivano i primi premi. “20 sigarette” di Aureliano Amadei ha vinto la sezione Controcampo italiano. La giuria presieduta da Valerio Mastandrea ha premiato il film sulla strage di Nassirya con la seguente motivazione: “La densità del racconto ha il ritmo di una verità che, oltre ogni pregiudizio, diviene personale storia in cui si intersecano, con intelligenza e non senza qualche venatura di ironia, gli elementi dell'esercizio di libertà. Libertà dal proprio vissuto per inseguire un sogno, libertà dai propri pregiudizi per incontrare le persone, libertà dal proprio dolore per non indurre lo spettatore a sguardi prestabiliti”. La giuria ha inoltre deciso di assegnare una Menzione Speciale all’attore Vinicio Marchionni, protagonista del film, “per la prova d’attore con cui permette allo spettatore di vivere in prima persona la complessità emotiva della vicenda narrata, attraverso la combinazione di istinto e tecnica”.

LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI
di Saverio Costanzo. Italia, Germania, Francia 2010 (Medusa)
Alba Rohrwacher, Luca Marinelli, Martina Albano, Arianna Nastro, Tommaso Neri, Vittorio Lomartire, Aurora Ruffino, Giorgia Pizzo, Isabella Rossellini, Maurizio Donadoni, Roberto Sbaratto, Giorgia Senesi, Filippo Timi.


“Il libro funziona per sottrazione di immagini e questo è impossibile al cinema. Il punto di partenza è stata la consapevolezza di questa difficoltà”. Parola dell’autore del libro, Paolo Giordano.

Come i numeri primi del titolo, numeri speciali divisibili solo per uno e per stessi, Alice e Mattia sono due ragazzi solitari, difficili, tragici, segnati da un’infanzia traumatica: un incidente per lei, la morte della gemella per lui. Incrociano i loro sguardi e le loro strade la prima volta da adolescenti a scuola. E subito si riconoscono, si cercano e si sentono, a modo loro. Genitori autoritari, depressi, ansiosi, permissivi, ma tutto sommato nella classica buona fede, li accompagnano da lontano nella loro crescita. Quando Mattia dovrà partire per lavoro, il trauma della separazione risveglia dolori antichi. Ma dovranno passare ancora anni prima di scoprire se saranno in grado di lasciarseli alle spalle, e di farlo insieme. Secondo il regista, che si è un po’ stizzito dell’accoglienza non particolarmente calorosa ricevuta dalla pellicola alla proiezione per gli addetti ai lavori uscendosene con un “ma che vi aspettavate, il Gattopardo?”, il film “è la storia dei corpi di Alice e Mattia, del loro stravolgimento nel corso di un ventennio. Credo sia un horror sentimentale sulla famiglia e sulla sua impossibile emancipazione”.

I corpi, in effetti, sono al centro dell’interpretazione (bella soprattutto quella di Alba Rohrwacher) dei due protagonisti: simbolo vivente e visibile della loro sofferenza, anoressici, tagliati, tatuati, ingrassati, abbandonati. Il timbro dell’horror Costanzo ce lo mette dalla prima scena, che ha più di qualche debito con Dario Argento. Poi utilizza anche musiche prese da Carpenter e da De Palma, e la colonna sonora in generale è pensata con molta attenzione. Per il resto il film è girato con mestiere, ma forse per la struttura originale del racconto (fatto di flashback, sfumature, stati d’animo soprattutto) si perde un po’ per strada. Non vuol dire che il bottegino non possa apprezzare.