Un libro sui 'cavalieri' delle Mafie


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'Osso, Mastrosso, Carcagnosso'

Presentato in anteprima nazionale a Favignana, il libro di Enzo Ciconte, Vincenzo Macrì e Francesco Forgione ed edito da Rubbettino spiega le origini della criminalità organizzata b

di Carla Toffoletti

 

La sera della strage di Duisburg, in Germania, una delle sei vittime, prima di essere uccisa, facendo bruciare un santino di san Michele Arcangelo, con tre gocce del suo sangue aveva giurato fedeltà alla ‘ndrangheta in nome dei tre cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Il libro di Enzo Ciconte (uno dei massimi esperti di mafie), Vincenzo Macrì (procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia), e Francesco Forgione (ex presidente della Commissione parlamentare antimafia), ci racconta come per la ‘ndrangheta i codici e la loro trasmissione siano un ossessione e come nel corso degli anni la modalità di affiliazione formale e simbolica non sia mai cambiata. Ovunque ci sia un ‘locale’ di ‘ndrangheta vige il rispetto rigoroso delle antiche regole.

“Osso, Mastrosso, Carcagnosso”, RubBettino editore, è un commento a tre voci ai rituali della ‘ndrangheta, un libro di immagini, 96 tavole del pittore Enzo Patti di Favignana, per raccontare una leggenda che tanto leggenda pare non sia: la nascita delle tre organizzazioni mafiose più pericolose del nostro Paese: mafia,’ndrangheta e camorra. La storia è quella dei tre cavalieri di Toledo che nel 1412 scapparono dalla Spagna dopo aver lavato col sangue l’onore della sorella. Si rifugiarono a Favignana e rimasero nascosti nelle grotte dell’isola prigione per 29 anni, undici mesi e ventinove giorni, riemergendo all’alba del trentesimo anno con in mano le chiavi di un sapere riservato agli iniziati, fatto d’onore e d’omertà. Osso, il più pigro, rimase in Sicilia a spargere il seme di Cosa Nostra, Mastrosso varcò lo stretto di Messina per fondare la più terribile delle organizzazioni criminali, la ‘Ndrangheta, Carcagnosso, il più intraprendente, andò più lontano di tutti e raggiunse la capitale del Regno di Napoli, dove fondò la Camorra. Leggenda immaginifica, certo, favola dal facile apprendimento, fatta apposta per essere ricordata facilmente, ma che ancora oggi ha l’incredibile potere di affascinare e attrarre con una speciale malia.

Enzo Ciconte, perché questo libro?
Per far capire quanto sono importanti i rituali in queste organizzazioni criminali , sono uno strumento essenziale, sono un po’ come la Bibbia per un cristiano e il Corano per un musulmano. Senza questi i mafiosi non sono nessuno. Le inchieste di Milano e di Reggio Calabria hanno dimostrato come questi rituali ( ad esempio quelli per affiliare i giovani) vivono ancora oggi nel cuore della Lombardia e non solo in terra calabra Negarne l’importanza significa negarsi la possibilità di conoscere un pezzo della mafia calabrese.Il libro cerca di spiegare con queste tavole il fascino, la malia oscura, che ancora oggi promana da questa nefasta leggenda dei cavalieri spagnoli. Naturalmente l’intento è anche di spiegare ai giovani che è bene non seguire questi cavalieri che portano morte e distruzione ovunque passano.

C’è il rischio che queste formule arcaiche, questi nomi così suggestivi, possano affascinare e in qualche modo attrarre i giovani?
Certamente., e li affascinano a prescindere dal libro. Bisogna spiegare che queste cose accadono, perché molti lo negano, molti non credono. La gran parte pensa che i rituali siano dismessi, che non servano più. Non è vero. Se noi pensiamo di combattere i mafioso solo con le manette e con la prigione, sbagliamo. Dobbiamo sconfiggerli anche sul piano culturale. Dobbiamo dimostrare che queste leggende sono leggende, favole, punto e basta. Le promesse che vengono fatte non vengono poi mantenute. E’ giusto dire ai giovani, che si sentono attratti da quel mondo, che è opportuno fermarsi e riflettere prima di varcare quella soglia., perchè è un mondo di inganni e di morte, un mondo senza ritorno, dove c’è morte vera, non immaginata o immaginaria. Quei rituali promanano fascino ed evocano forti suggestioni culturali. Per questo non possono essere ignorati.

C’è una diffusione internazionale di questi codici?
Giovani seguaci dei cavalieri spagnoli si trovano in Calabria, ma anche a Duisburg e in Australia, come accertò in una missione del 1988 Nicola Calipari (il poliziotto del Sismi ucciso in Iraq nel 2005). Sono rituali che hanno lo scopo di cementare i vincoli parentali e amicali, riproposti nei luoghi di immigrazione come segni di una tradizione da conservare e da tutelare, testimonianza di una nostalgia per luoghi e affetti abbandonati, arma di difesa nei confronti di un ambiente che, quando non appariva ostile, appariva perlomeno estraneo in quanto diverso per lingua, stili di vita e tradizioni. Per troppo tempo questi stati d’animo e questi rituali sono stati ignorati, sottovalutati, relegati al folklore. Un errore che ha pesato molto nella comprensione del fenomeno della ‘ndrangheta e nell’immaginario collettivo di giovani che continuano a pungersi, ritenendo valid i codici di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, gli antichi cavalieri spagnoli che continuano a mietere proseliti un po’ dappertutto.