I film del week end


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THE BOX

di Sandro Calice

THE BOX

di Richard Kelly, Usa 2009 (Lucky Red)
Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella, James Rebhorn, Gillian Jacobs, Michele Durrett, Andrew Levitas, Basil Hoffman, Lisa K. Wyatt, Jenna Lamia
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Non sempre l’unione di due talenti produce risultati all’altezza. Era lecito aspettarselo dai due Richard, il regista Kelly (“Donnie Darko”) e lo scrittore del racconto (“Button, Button”) da cui il film è tratto, quel Matheson autore di alcuni dei migliori thriller e storie di fantascienza moderni, da “Duel” a “Io sono leggenda”.

Virginia 1976, l’anno in cui la sonda Viking raggiunge Marte. Arlington Steward (un ottimo Langella) lavora alla Nasa quando viene colpito da un fulmine che lo uccide. Ma si risveglia, costruisce uno strano apparecchio e va via dicendo di avere una missione da compiere. Non è ancora l’alba quando il campanello suona a casa Lewis. Norma (Diaz) insegna in un liceo, Arthur è un ingegnere della Nasa e hanno un bambino piccolo. Sulla soglia della loro porta, un pacco. Dentro il pacco una scatola con un bottone e un biglietto, che annuncia l’arrivo del signor Steward. L’uomo, al quale il fulmine ha portato via mezzo volto, spiega, con pacatezza e come se fosse la cosa più normale del mondo, che se schiacciano quel bottone riceveranno un milione di dollari in contanti, ma contemporaneamente, da qualche parte nel mondo, una persona che non conoscono morirà. Hanno 24 ore di tempo per decidere, se rinunciano riceveranno 100 dollari per il disturbo e la scatola verrà comunque proposta a un’altra famiglia. I Lewis sono le classiche brave persone. Ma Norma ha un problema di salute. Arthur non ottiene la promozione attesa. La tentazione è grande. In fondo si tratta solo di spingere un bottone…

Kelly è rimasto un po’ prigioniero del suo esordio. Ma le atmosfere di Donnie Darko, nonostante il tentativo, qui attecchiscono poco. Il racconto di Matheson è un thriller psicologico, con un dilemma morale al centro, e anche una storia di fantascienza. E funziona benissimo così. Bisognava fermarsi a questo. Kelly invece prova a condurre lo spettatore su un ipotetico terreno metafisico, ma lo confonde e lo perde per strada quando passa dal thriller al senso della vita. Anche il racconto originale ha questa lettura “morale”, ma è sullo sfondo, arriva in seconda battuta. Kelly, forzandola, la porta in primo piano. Bella la fotografia e la ricostruzione scenografica degli anni ’70.