Gli italiani, la sanità e le cure


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Pubblico o privato? A decidere non è solo il reddito

Centrano anche il sesso e l'età del capofamiglia e, soprattutto, la percezione personale della qualità del servizio sanitario pubblico n

Cosa c'è alla base della scelta di curarsi in strutture sanitarie pubbliche o private? Non solo il reddito, ma anche il sesso e l'età del capofamiglia e, soprattutto, la percezione personale della qualità del servizio sanitario pubblico. È quanto emerso da una ricerca di Massimo Baldini, professore associato di Scienza delle Finanze dell'università di Modena e Reggio Emilia, e Gilberto Turati, ricercatore di Scienza delle Finanze dell'università di Torino, che viene presentata in occasione del II Health Econometrics Workshop all'università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, una tre giorni di lavori che vede riuniti professionisti e accademici per discutere su nuovi metodi e applicazioni di econometria sanitaria.

I ricercatori - evidenzia una nota - hanno utilizzato i dati dell'indagine sulle famiglie italiane condotta dalla Banca d'Italia su un campione seguito negli anni 1993 e 1995. I risultati dell'analisi mostrano che un cattivo stato di salute aumenta la probabilità di accedere ai servizi sanitari privati; invece, se il capofamiglia è un uomo tale probabilità si riduce. Lo studio conferma che maggiore è il reddito familiare, più servizi privati si consumano. È emerso anche che la probabilità di accesso ai servizi privati aumenta quanto più alta è la percezione di una scarsa qualità dei servizi pubblici sanitari e, viceversa, migliore la qualità percepita del servizio pubblico, minore la domanda di privato.

"Abbiamo rilevato che, a parità di altre condizioni, dove il giudizio sui servizi pubblici è migliore la domanda di servizi privati si riduce", ha spiegato Turati. Secondo i dati, inoltre, all'aumentare dell'età del capofamiglia ci si rivolge più spesso al pubblico che al privato, probabilmente perché, ha spiegato Turati, le persone anziane hanno esenzioni per i ticket sui servizi pubblici e hanno anche più tempo a disposizione per fronteggiare le 'lungaggini' del servizio pubblico.

Dalla ricerca è risultato infine che gli individui che si trovano nella parte più bassa della distribuzione dei redditi ritengono che i servizi sanitari pubblici siano in media di più bassa qualità.

Difficile, con i dati a disposizione, fornire una spiegazione, ha detto Turati: "un'ipotesi potrebbe essere che nelle aree dove il reddito medio è più basso, la qualità media dei servizi pubblici è davvero peggiore. La seconda ipotesi è legata al livello di istruzione: è possibile che il giudizio del cittadino sul servizio offerto dal servizio pubblico sia distorto verso il basso per mancanza di conoscenze mediche minime adeguate, mancanza che spinge a giudicare la qualità del servizio sulla base di parametri che hanno poco a che vedere con le vere componenti qualitative del servizio stesso".

In conclusione "gli individui che danno un giudizio peggiore dei servizi pubblici, sono anche quelli che hanno un incentivo maggiore a richiedere prestazioni private ma, poiché non riescono a ottenerle per la mancanza di un reddito adeguato, ci potrebbero essere ricadute sulla capacità di questi individui di ottenere servizi adeguati, quindi di evitare l'insorgenza di malattie invalidanti gravi".