Cavalli sotto i riflettori, ma non siamo al circo

Equus, ovvero portare l'animale al centro della scena fuochi_equus_296

Dopo i settantamila visitatori di RomaCavalli, è ormai chiaro il feeling tra la capitale e i suoi abitanti equini. E se è sempre attuale la necessità di garantire una vita dignitosa ai cavalli da “botticella”, a Roma e in tutto il Lazio la cultura equestre è antica e di peso: dalla monta buttera agli ostacoli di Piazza di Siena, passando per il redivivo Carnevale e i derby di trotto e galoppo, ce n’è per tutti i gusti.

Anche a teatro, anzi no: nel maneggio coperto di un’associazione che attraverso il cavallo si occupa di persone, cercando il benessere di entrambi. Il maneggio è quello della non-profit L’Auriga, il teatro è quello di EQUUS – Il Sogno del Centauro, che promette uno spettacolo “a cavallo di mondi diversi”.

I cavalli calcano da sempre le scene, si tratti della pista di un circo di provincia o di quello magico di Bartabas, e il panorama italiano annovera ottimi cavalieri e amazzoni impegnati con successo nell’esaltare la bellezza e l’arte di una performance equestre. In EQUUS, che è un work in progress e si arricchisce di anno in anno, alla perizia tecnica si sommano numerosi altri ingredienti, in una miscela in equilibrio dinamico.

Tutto nasce lo scorso anno, quando il giovane cavaliere e performer Giuseppe Cimarosa dà corpo alla sua idea e raccoglie una troupe eterogenea per realizzarla. Cavalli in primo luogo e poi cantanti, danzatori, cavalieri e acrobati da ogni parte d’Italia, per un gruppo di ventotto elementi: è Il Sogno del Centauro, quasi due ore in scena per rappresentare sulla sabbia del maneggio la relazione millenaria che lega uomo e cavallo. Quest’anno si replica, il gruppo si consolida e amplia in un progetto corale fatto di canto dal vivo, musica, volteggi e acrobazie circensi, danza sui tessuti e con il fuoco. L’obiettivo è ambizioso: raccontare una storia e non semplicemente metter insieme tanti pezzetti di tecnica, portare il cavallo al centro della scena come protagonista, e non impiegarlo come (bellissimo) strumento tecnico. La dimensione teatrale, più lunga e articolata, si aggiunge alla perizia equestre e al risultato estetico dei numeri visti e amati in altre occasioni, in un esperimento riuscito e passibile di miglioramenti e sviluppi.

Nulla è lasciato al caso, nemmeno il titolo: Il Sogno del Centauro è il titolo della richiesta presentata all’Unesco da numerose realtà equestri per fare riconoscere il cavallo come Patrimonio dell’Umanità, proprio in virtù del suo apporto alla storia e alla cultura. Nel 2010, lo spettacolo aggiunge al Sogno del Centauro l’impegnativo “EQUUS”: per ricordare che prima di ogni centauro c’è, sempre, un cavallo.

Artisti bipedi e quadrupedi in scena si riflettono nelle foto offerte dal britannico Tim Flach, che ha esplorato il mondo di equini ed equidi da punti di vista inconsueti, come è inconsueto il teatro equestre di Equus – Il Sogno del Centauro 2010.