Vittime di frontiera

Un libro sui respingimenti, 'Il mare di mezzo' di Gabriele del Grande edito da Infinito Edizioni e premiato con la Colomba d'oro per la pace. L'intervista all'autore

 

di Carla Toffoletti

“Sant’Agostino era africano. Oggi che fine avrebbe fatto? Forse respinto in Libia.Oppure disperso in mare”O magari rinchiuso in un centro di espulsione”. E’ un passaggio di “Il Mare di Mezzo”, di Gabriele del Grande, che riceve il Premio Colombe d’oro per la pace.

“Promuoviamo tutti gli anni questo premio, che è alla XXVI edizione, per valorizzare giornalisti e altre figure che operano sui temi del disarmo, della cooperazione internazionale e contro tutte le forme di conflittualità, di sfruttamento e di violazione dei diritti umani- ci spiega Fabrizio Battistelli, presidente di Archivio Disarmo, un istituto internazionale che si occupa dei temi della pace-La giuria, presieduta da Rita Levi Montalcini , ha deciso di premiare Del Grande in quanto autore del blog Fortress Europe nel quale per primo ha alzato il velo sul tema dei “respingimenti”, quegli accordi che permettono all’Italia, con i paesi della riva sud del Mediterraneo, di impedire materialmente gli sbarchi. Tutto questo avviene non senza violenza, sia quella naturale di un eventuale naufragio sia quando queste barche della disperazione vengono fermate dagli organi di polizia ,dei paesi costieri. Il respingimento impedisce alla persona di argomentare il proprio diritto di asilo e di chiederlo al paese ospitante, e costituisce una violazione del Diritto Internazionale, per il quale i paesi vengono periodicamente osservati dalle Nazioni Unite. Questo è il nostro obiettivo:far conoscere il problema , perche è anch’esso un problema di pace. La capacità di questo libro è di informare su questa realtà sconosciuta raccontando delle storie”. Tre anni di inchieste, un viaggio tra memoria e attualità, una raccolta di testimonianze e storie che fanno la Storia. La nostra storia.

Gabriele Del Grande, perché questo libro?
Tutto nasce dal sito internet Fortress Europe, che è un blog costituito nel 2006 con l’idea di monitorare le vittime dell’immigrazione nel Mediterraneo, di contare e dare delle prove documentate di quanti fossero i morti della frontiera europea, ad oggi sono più di 15mila dal 1988, e dare un volto ai quei numeri, restituire loro un volto, un’umanità, l’umanità negata attraverso il racconto che è mancato in questi anni di quelle persone e delle loro storie, che è stato il primo passo verso la disumanizzazione e il cinismo imperante. Sembra quasi che quei morti non ci riguardino pur essendo migliaia e pur avvenendo a poche miglia dalle nostre coste e pur essendo le nostre politiche responsabili di aver costretto quelle persone a partire in quel modo, su quelle rotte, con quei rischi e di finire oggi respinti in Libia, e arrestati nelle carceri finanziate dall’Italia. Questa è l’idea del libro, un percorso di tre anni di viaggi intorno al Mediterraneo.

Nel libro c’è anche tanta Italia
Nella seconda parte parlo della frontiera interna , quella dei Centri di Identificazione ed Espulsione, e degli “italiani” che vivono nel nostro paese da oltre trent’anni pur non avendo la cittadinanza italiana e che finiscono per essere espulsi, con tutte le conseguenze del caso per chi qui ha famiglia, casa e lavoro. C’è l’Italia dei pescatori di Mazara del Vallo, storie di coraggio e di nobiltà d’animo di questi pescatori che spesso, anche a rischio della vita, hanno salvato centinaia di persone nelle acque del Canale di Sicilia, rischiando anche di finire sotto processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Storie di vergogna, di pescatori che hanno ributtato a mare i naufraghi che erano saliti sulle loro barche per chiedere aiuto, soccorso.

Quali sono gli ingredienti del libro?
Sono tre anni di viaggio, tre anni di incontri, tre anni di storie raccolte, raccontate, intrecciate tra loro, in un libro che si legge come fosse un romanzo, ma dove tutto è maledettamente vero e dove quelle storie fanno la Storia di questi anni di respingimenti, di stragi in mare, che saranno studiate nei libri di storia tra un paio di generazioni.

Che differenza può fare raccontare una storia, dare un volto a quello che per noi spesso è solo un migrante? Lei nel suo libro non parla mai di migranti e di immigrati ma di persone con un nome e cognome
Nel libro do dei nomi e dei cognomi, parlo di persone in carne e ossa. Secondo me restituire quella soggettività è fondamentale. Da un punto di vista narrativa è l’idea di un incontro: far incontrare il lettore con uno dei protagonisti di questi miei viaggi , e quindi di proporre nuove relazioni sociali che sono quelle che mancano nel mondo reale. Leggere che sono state respinte 30 persone non fa lo stesso effetto che dover consolare il proprio miglior amico, piuttosto che il proprio uomo o la propria donna ,perché sua sorella, suo fratello o suo figlio sono stati respinti in Libia e stanno marcendo nelle carceri libiche. Il fatto che non ci sia questa relazione, questo tessuto sociale che ci lega ai nuovi arrivati fa sì che siano un corpo marginale della società, un corpo disumanizzato che non fa parte della vita reale. Si gioca sulle vite di persone in carne e ossa.

Che responsabilità hanno i media?
Grossissima. Non si fa più inchiesta , ci si limita a riportare agenzie senza documentarle e raccontarle. Giornalismo è viaggio, incontro, racconto, documentazione. L’ottica del giornale è un po’ quella della catena di montaggio, e questo rischia di diventare la morte del giornalismo

Che effetto ti ha fatto ricevere un Premio per la Pace?
Mi fa onore, soprattutto mi fa piacere che in Italia si riconosca un valore per un lavoro fatto da un giovane e mi auguro che si investa su questo.

Freelance per scelta o per necessità?
Per obbligo. Io mi definisco un disoccupato visto che non ho un contratto da almeno tre anni. Poi campo lo stesso, vendendo i miei pezzi e le mie inchieste, i miei libri, ma stupisce che nessuno investa su questo. E’ richiesto il prodotto finale, perché l’esclusiva fa gola a tutti, ma nessuno è pronto a investirci. Questo è un po’ frustrante. Poi c’è il lato positivo: la possibilità di lavorare in modo completamente libero e autonomo, non dovendo rispondere a nessuno e portare avanti un prodotto diverso: il blog, Fortress Europe, i libri e una rete che nasce e che si ingrandisce sempre più di persone che seguono il tuo lavoro e che lo rilnciano . I giornali a questo punto diventano solo un’occasione da sfruttare per poter ricoprire le spese di queste ricerche.