Il Kirghizistan e le repubbliche confinanti


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Nella polveriera dell’Asia centrale

Una conflittualità retaggio del regime sovietico g

di Rodolfo Fellini

Gli scontri etnici tra uzbeki e kirghizi nel Sud del Kirghizistan potrebbero essere la punta dell’iceberg in un’area del mondo ritenuta relativamente tranquilla, ma dove la conflittualità può esplodere da un momento all’altro: l’Asia centrale. Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Kazakistan e Turkmenistan occupano la regione storica del Turkestan, che si estendeva tra il mar Caspio e il deserto del Gobi, costituendo una via di mezzo tra Russia e Cina. Le cinque repubbliche ex sovietiche hanno in comune una natura ostile e un clima rigido, un passato imperiale, risalente ai tempi di Gengis Khan e Tamerlano, e un presente che mostra l’esigenza di reinventarsi un ruolo dopo lo smembramento dell’Unione sovietica.

I settant’anni di storia dell’Urss hanno fortemente condizionato il destino dell’Asia centrale. La definizione dei confini delle cinque repubbliche e i trasferimenti coatti operati da Stalin hanno accuratamente evitato di favorire un’eccessiva compattezza etnica, foriera di possibili rivolte. Lo sviluppo di economie molto specializzate e poco diversificate, funzionali solo agli interessi di Mosca, ha rafforzato l’interdipendenza tra le varie aree geografiche, favorendo gli spostamenti all’interno dell’Urss.

Tutto ciò si traduce in cinque Stati con un’etnia maggioritaria e consistenti minoranze, per cui l’unico collante sembra essere la fede musulmana. Ovunque, militano gruppi di estremisti islamici, che i governi locali sono finora riusciti a contenere. Sul piano politico-militare, Kazakistan Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan collaborano in un modo o nell’altro sia con gli Stati Uniti che con la Russia; il Kirghizistan ospita una delle maggiori basi americane nella guerra al terrorismo afghano, ma continua a coltivare fortissimi legami con Mosca.