Che messaggio manda la Chiesa nella Giornata Mondiale contro l’omofobia?
La Chiesa si unisce a tutti gli uomini e donne di buona volontà per costruire una società giusta e riconciliata, dove ognuno sia riconosciuto nella sua dignità di persona, etero o omosessuale che sia. In questa prospettiva, è necessario superare forti pregiudizi. Non si sa molto dell’orientamento omosessuale, ad esempio, se è innato o acquisito, irreversibile o no, e altro ancora. In ogni caso, è un limite umano. Due cose, però, sono subito condivisibili: il soggetto non ha scelto, di sua iniziativa, simile orientamento, lo sperimenta in una certa fase dello sviluppo e non senza un serio trauma psicologico; seconda: l’omosessuale è persona e, come ogni altra persona, ha diritto al rispetto incondizionato e al riconoscimento della sua dignità e dei diritti umani. Di conseguenza, l’omofobia, cioè l’avversione verso la persona omosessuale che si manifesta in ostilità, odio e disprezzo, fino a violenza psicologica e fisica, è antiumana e anticristiana.
C’è a suo avviso la percezione di una sorta di discriminazione verso gli omosessuali dentro e fuori della Chiesa?
Purtroppo, il pensiero della Chiesa è spesso equivocato. Molte persone omosessuali lo avvertono estraneo, lontano, punitivo. E così si aggiunge sofferenza a sofferenza. In realtà, la Chiesa non è seconda a nessuno nel comprendere la condizione omosessuale e nel condannare, come antiumana e anticristiana, ogni forma di sopruso, ingiustizia e violenza che offende l’alta dignità della persona.
La carità cristiana, l’amore universale, sono valori fondame tali per la Chiesa che però ha visto sempre la sessualità in funzione della famiglia e della procreazione. È questo il problema?
Una cosa è l’emarginazione, la discriminazione, la violenza verbale e fisica, sempre da condannare; tutt’altra è discutere se esistono alcuni diritti: al riconoscimento delle unioni omosessuali, all’adozione (e sono questioni di libera discussione in una società democratica e laica). Non si può parlare di violazione di diritti, se prima non si dimostra che tali diritti esistono. L’inconfondibile dignità, che spetta a ogni persona, non conduce a cancellare, per legge, la differenza di genere con il sostenere che l’omosessualità non è altro che una modalità sessuale tra le tante; che il matrimonio tra uomo e donna non è che una tra le altre forme di matrimonio; che la coppia omosessuale ha il diritto all’adozione.
La Chiesa impedisce agli omosessuali di accedere al seminario e al sacerdozio, e ha sempre condannato la sodomia come peccato gravissimo. Questo non rischia di innescare una spirale di odio nei confronti degli omosessuali e di offuscare la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento?
Non è in questione il riconoscimento della dignità e l'incondizionato rispetto che si devono alla persona omosessuale, che può essere santa e degna ancora più della persona eterosessuale. Si tratta, invece, di una particolare vocazione e, quindi, di un particolare ministero nella comunità cristiana: il diacono e il sacerdote non sono per se stessi ma per la comunità. Non si può negare che la condizione omosessuale costituisce un limite oggettivo della dimensione maschile/femminile che caratterizza la vita della comunità. E questo senza erroneamente confondere o identificare omosessualità e pedofilia; come pure senza pensare che la persona omosessuale non sia capace di vivere secondo l'insegnamento della morale cattolica.