Draquila - L'Italia che trema

di Sandro Calice

DRAQUILA – L’ITALIA CHE TREMA

di Sabina Guzzanti, Italia 2010 (BIM)
Documentario.

C’è poco da ridere. Sabina Guzzanti torna dietro la macchina da presa tre anni dopo “Le ragioni dell’aragosta” e ci racconta, spennellandolo con amara ironia, il dopo terremoto de L’Aquila, con un documentario poco ideologico, un lucido reportage in cui, appunto, c’è poco da ridere.

Sabina Guzzanti decide di andare a L’Aquila dopo il G8 di luglio dell’anno scorso, perché aveva sentito parlare di cose alle quali non voleva credere. La realtà che scopre, e che ci racconta, è anche peggio. La prima impressione è che la gente dava per scontato che i soccorritori della Protezione civile (non tutti gli altri) fossero invasori. E le tendopoli luoghi in cui era quasi sospeso il diritto, dov’era impossibile manifestare il dissenso, soprattutto in presenza dei media, dove non venivano somministrati caffè, alcol e Coca Cola per evitare che la gente si “eccitasse”, mentre il centro storico della città restava distrutto, militarizzato e off-limits per gli stessi abitanti. Tranne poi scoprire che un isolato, anziano professore dalla sua casa, coi ricordi di una vita, non era voluto andar via, e con una spesa di un migliaio di euro e poco più e il lavoro di pochi giorni di due operai l’aveva messa in sicurezza. Mentre fuori dalla città si costruivano case di legno e compensato da 2.700 euro a metro quadro, prezzo considerato impensabile dagli stessi costruttori, dove è “sconsigliato” appendere anche un solo quadro perché l’alloggio va restituito nelle stesse condizioni in cui è stata consegnato. Case, tra l’altro, sufficienti solo per un terzo della popolazione.

Da questi fatti, la Guzzanti allarga lo sguardo e ci mostra un’impressionante e preoccupante meccanismo che va dallo sfruttamento mediatico del terremoto ai fini del consenso politico da parte del presidente del Consiglio Berlusconi alle brutali storture legislative (chiamate “sveltine istituzionali”) che consentono alla Protezione civile e al suo capo Bertolaso di gestire una quantità immane di denaro (circa 10 miliardi in pochi anni) fuori da ogni regola e controllo anche per eventi, come le visite pastorali del Papa, che nulla hanno a che fare con le emergenze. Fino alla cronaca che supera la fantasia e raggiunge lo schifo massimo, quando si sentono le intercettazioni delle voci di chi la notte del terremoto, con la gente morta sotto le macerie, ride e pregusta già i futuri affari.
La Guzzanti, però, a differenza di Michael Moore al quale viene spesso accostata, cerca questa volta di mantenere uno sguardo quanto più possibile obiettivo, raccontandoci anche che, almeno fino a quando sono scoppiati i recenti scandali, quasi tutti i terremotati adoravano Berlusconi e il suo “governo del fare”, e che ancora, in parte, sono contente – se così si può dire – di come stanno andando le cose. Mentre la triste assenza dell’opposizione viene immortalata in una tenda che il Pd avrebbe dovuto usare per stare vicino alla popolazione, desolatamente vuota e abbandonata 24 su 24, sotto il sole e la neve, sempre.

La forza del film, come sempre in questi casi, è quella di raccontare cose che chiunque in questo Paese faccia un minimo sforzo per informarsi senza accontentarsi solo di certi telegiornali conosce benissimo, ma di metterle poi tutte insieme, in modo organico e conseguenziale. E viene la nausea. Una parte del documentario, che sarà fuori concorso a Cannes e che ha già fatto infuriare Bertolaso per la “pubblicità negativa” che secondo lui farebbe all’Italia, è dedicata agli allarmi sugli sciami sismici che precedettero il terremoto e che furono taciuti o ignorati. Con la straziante storia di un padre, giornalista, che si fidò delle fonti ufficiali, Protezione civile compresa, e in quei mesi tranquillizzò i cittadini con i suoi articoli. Tranquillizzò anche i suoi amici e i suoi familiari. Tranquillizzò perfino i suoi due figli quella notte del 6 aprile 2009, quando ci fu la prima scossa. E li perse.