di Mario Papetti
La botta è stata forte, quasi da ko. Ma le piccole e medie imprese italiane, nonostante la contrazione dei posti di lavoro (173mila in meno nei primi tre mesi del 2010) "hanno retto bene l'onda d'urto". Questa la tendenza che è emersa dal rapporto Unioncamere 2010, il dossier sullo stato di salute delle Pmi diffuso in occasione dell'Ottava giornata dell'economia. "Le anticipazione dei dati sull'occupazione (830mila le assunzioni previste dalle aziende italiane nel 2010, -1,5% rispetto al 2009, pari a 50mila posti di lavoro in più di quelli messi in conto nel 2009 ) confermano - come ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello - che tuttavia il punto di maggiore flessione è probabilmente superato e che il sistema, pur continuando a espellere risorse (licenziamenti,ndr) mostra un quadro leggermente migliore rispetto alla media europea". Il tasso di disoccupazione è passato comunque dal 6,8% del 2008 al 7,8% del 2009, toccando l'8,4% a dicembre e l'8,5% a febbraio". "Una tendenza non certo incoraggiante - ha puntualizzato Dardanello - ma che risulta più contenuta rispetto a quanto sperimentato da altre economie avanzate. Siamo infatti quelli che, tra i principali paesi dell'Ue, hanno visto il minore incremento della disoccupazione, dopo la Germania". Tant'è che la base imprenditoriale italiana, sempre secondo il rapporto Unioncamere, ha continuato ad espandersi nel 2009 (17.585 imprese in più rispetto al 2008). Una tenuta che sembra confermarsi anche all'inizio del 2010: 123mila,infatti, le imprese che hanno aperte tra gennaio e marzo, 4.700 in più rispetto allo stesso periodo del 2009. Tastando il polso agli imprenditori, In Italia, dunque, è tornata la voglia di fare impresa.
Ma le imprese artigiane soffrono
Se le Pmi hanno "retto" l'impatto della crisi economica, le imprese artigiane hanno invece continuato a decelerare. A conferma delle difficoltà che ancora condizionano pesantemente gli operatori più piccoli, il saldo negativo delle aziende (13.824 quelle che hanno cessato l'attività). Un dato che mostra solo un lievissimo recupero (lo 0,1%) rispetto al 2009, il peggiore degli ultimi dieci anni, quando il bilancio fu di 15.564 imprese in meno. In termini assoluti, solo le società di capitali e le altre forme (cooperative e consorzi) hanno fatto registrare un bilancio positivo (numericamente consistente per le prime,11mila in più e appena percettibile per le seconde,744 in più.
Il Nord-Est in difficoltà
Un tessuto imprenditoriale, quelle delle piccole e medie imprese, che ormai si è consolidato in tutto il Paese. A fine 2009 le aziende registrate erano infatti oltre sei milioni (4milioni e 300mila al Centro-Nord) e 2 milioni nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda la dinamica imprenditoriale per macro-ripartizioni territoriali, nel 2009 il risultato più eclatante lo ha fatto registrare il Centro: 9mila imprese in più (l'83% delle quali localizzate nel Lazio) con un tasso di crescita dello 0,74%, decisamente superiore alla media nazionale. In attivo anche il Nord-Ovest (+8mila con un tasso di crescita dello 0,50%), Sud e Isole (quasi 5mila in più, con un tasso di crescita dello 0,24% leggermente inferiore alla media del Paese. Unico neo il Nord-Est: ha chiuso il 2009 con 4.869 imprese in meno, con un tasso di crescita negativo dello 0,40%. Tendenza che sembra confermata anche nei primi tre mesi del 2010. Così come desta preoccupazione il mercato del lavoro, caraterizzato da una decisa flessione dell'occupazione (solo parzialmente attutita dal ricorso alla Cig). La crisi occupazionale ha investito soprattutto il Mezzogiorno: nel quarto trimestre del 2009 ha superato il 13% (rispetto al 6,7% del Centro-Nord dove l'occupazione nel 2010 ha ripreso a crescere anche se in modo molto lieve (+0,1%). Dei circa 530mila posti di lavoro persi negli ultimi sei trimestri, ben 335mila hanno riguardato il Mezzogiorno.
Il futuro del commercio internazionale
Il commercio mondiale, secondo l'analisi di Unioncamere, dovrebbe tornare ad espandersi da quest'anno a tassi compresi tra il 6 e il 7%, mentre per le esportazioni italiane si prevede una dinamica assai più contenuta per effetto della minore vivacità della domanda. Ma nonostante tassi di crescita nel biennio 2010-2011 tutto sommato sostenuti si stima,infatti, che alla fine di questo periodo, il valore degli scambi mondiali per quanto riguarda le merci, sarà ancora di circa il 5%, inferiore al livello toccato nel 2008. Tutto ciò sarà particolarmente penalizzante per le imprese esportatrici italiane sui meracati dell'Europa e di quello noramericano, i principali sbocchi commerciali dell'Italia.