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L'ambasciatore del sorriso

Incontro con Patch Adams all’Università Roma Tre

di Carla Toffoletti

“Non ho idea di cosa sia la clownterapia. Sono sicuro di non averla mai fatta”. Ti spiazza subito Patch Adams, l’icona della terapia del sorriso, il clown dottore invitato all’Università Roma Tre dai ragazzi che stanno seguendo un master in Clownterapia.

“Il clowning è solo uno strumento per arrivare all’amore, che è il vero nostro scopo. Non ho mai pensato alla terapia. Fare il clown mi aiuta a fare il medico, ad avvicinare le persone profondamente sole e che soffrono”.

Patch Adams decise di fare il medico quando ancora adolescente venne ricoverato in un istituto per malattie mentali perché soffriva di depressione. Frequentò il Medical College of Virginia alla fine degli anni ’60. Dopo la laurea fondò il Gesundhelt Institute, che sosteneva la necessità di un approccio alla medicina più olistico e personalizzato.

Patch (cerotto, toppa, macchia) spiega ai ragazzi le ragioni delle strane prescrizioni ispirate allo humour e i motivi che lo spingono a travestirsi da clown e a riempire una stanza di palloncini per strappare un sorriso, per far scattare un contatto spirituale con un paziente, o semplicemente per donargli un momento di gioia.

“Mi sono sempre chiesto perché le persone non abbiano alcun problema ad essere rabbiose mentre siano imbarazzate a mostrare sentimenti positivi – spiega Patch – l’esperienza d’amore è un’esperienza estatica. Amore come pensiero, non solo come sentimento. I mali che affliggono la maggior parte dei malati, sofferenza, noia, paura, non possono essere curati con una pillola. Il sorriso agevola la guarigione, i medici devono curare le persone, non solo la malattia. La compassione, il coinvolgimento, l’empatia sono di aiuto quanto i medicinali. La medicina significa compassione, ma nessuna scuola di medicina al mondo insegna ad avere compassione degli altri”.

E’ un laboratorio sulla speranza quello che Adams propone, e dà la sua ricetta: “Ci sono sei cose magiche che rendono una comunità vera, parlo di comunità perché il mio ospedale è una comunità, da noi la persone delle pulizie e il chirurgo hanno lo stesso stipendio: 300 dollari al mese, vi sorprenderò ma ci sono ogni anno migliaia di medici che vogliono venire da noi. Come medico penso che l’esperienza peggiore in assoluto sia la solitudine, per questo ogni medico del mio staff deve essere felice, divertente, deve mostrare amore, deve essere disposto a cooperare, deve essere creativo, deve mostrare cura ed attenzione”.

Patch è un personaggio strano, incredibile, indossa una coloratissima camicia a fiori una cravatta che all’occasione può emettere suoni, pantaloni arancioni a pois verdi. E’ un eccentrico, ma è anche un medico che esercita la sua professione con dedizione e passione.

Non è voluto entrare nel sistema, e ci racconta il suo modo di ‘educare’ giocando sulla parola inglese ‘edu CARE’ – educare ma anche ‘prendersi cura’. A tratti emerge anche la sua anima donchisciottesca: “giustizia e pace per tutto il mondo, tutto il mio sapere mi dice che in questo secolo siamo prossimi all’estinzione, cosa vogliamo fare? Resistere. Io collego la resistenza al pensiero: non ti piace qualcosa? Cambiala e smettila di lamentarti. Riuscire a far emergere i propri punti di vista per cambiare le cose. A cosa serve l’educazione? A porre fine alla violenza e ingiustizia per abbracciare un sistema di valori basato sulla compassione e generosità ”.

Quale è la persona che più l’ha influenzata?
"Devo dire grazie a mia madre, una donna media non ‘danneggiata’, mi ha dato fiducia in me stesso, e mi piaccio; è lei che mi ha dato la forza di fare quello che volevo nella vita, grazie a mia madre sono una persona che ama, e che ha saputo nutrire i propri interessi, con lei ho imparato a ‘pensare’. Ma devo dire grazie anche a tutte le persone impegnate a rendere il mondo migliore, capaci di amare non solo coloro che gli stanno attorno, ma disposte ad amare tutti".

Quale è la cosa peggiore nella vita?
"La solitudine: siamo animali fatti per stare in gruppo. Io non so cosa significa essere soli perché mia madre mi ha amato". 

Oggi Patch Adams è a L’Aquila. Con quale stato d’animo ci va?
"Voglio celebrare i cittadini che riprendono possesso del centro della città e si fanno artefici del proprio futuro. Oggi del centro non interessa niente a nessuno. Io sarò lì per celebrare le persone che si vogliono liberare".

Cosa suggerisce ai giovani che la vogliono emulare?
"Essere educati non significa copiare, ma valorizzare il tuo modo di pensare, tirar fuori i tuoi punti di forza per fare qualcosa anche di altro. Davanti a un quadro di Leonardo difficilmente ti vien voglio di riprodurlo. Quello che il dipinto deve farti scattare è la voglia di dipingere. Un bagliore negli occhi, un sorriso, essere disposti verso l’altro, questa è l’unica lezione di clown che vi posso dare. Permettete a voi stessi di capire che vi state innamorando della persona che avete di fronte, e fate in modo che vi piaccia, l’ho fatto in 66 paesi, e ha funzionato al 98 per cento, tutti abbiamo voglia di collegarci agli altri e di sentirci protetti".