di Sandro Calice
CELLA 211 di Daniel Monzon. Spagna, Francia 2009 (Bolero Film)
Luis Tosar, Alberto Ammann, Carlos Bardem, Antonio Resines, Marta Etura, Manolo Solo, Jesus Carroza, Luis Zahera, Manuel Morón.
Alla periferia dell’umanità, vecchi concetti come bene e male, buoni e cattivi assumono contorni indefiniti. “Cella 211” è un thriller carcerario che arriva da quel cinema spagnolo che ha dimostrato, a partire dall’horror, di essere bravissimo a maneggiare con mestiere e con ottimi risultati generi propri del cinema americano.
Juan Olivier (Amman), per fare una buona impressione, si presenta al suo nuovo lavoro di secondino di un carcere con un giorno d’anticipo rispetto al primo turno di guardia. Mentre sta visitando il braccio dove sono reclusi i detenuti più pericolosi un pezzo di intonaco cade da una parete in ristrutturazione e lo ferisce alla testa. Le guardie che lo accompagnano, in attesa del medico, lo sistemano momentaneamente sul lettino di una cella vuota, la 211. Ma una rivolta improvvisa, guidata dal più pericoloso di tutti, Malamadre (Tosar), li costringe ad abbandonare Juan. Al suo risveglio il ragazzo si trova precipitato in un incubo, i detenuti hanno preso il controllo del braccio. Ha solo una speranza di sopravvivere e di rivedere la sua compagna, incinta al sesto mese: fingersi uno di loro.
“Cella 211” è tratto dall’omonimo romanzo di Francisco Pérez Gandul ed ha vinto otto premi Goya, gli Oscar spagnoli, tra cui quelli per la regia, per il miglior attore a Luis Tosar e la miglior sceneggiatura non originale a Monzon (“El corazon del guerrero”, “La caja Kovak”) e Jorge Guerricaechevarria (“La Comunidad”, “Carne tremula”). Gli autori hanno “studiato” a lungo il tema, visitando e incontrando detenuti, alcuni dei quali compaiono anche nel film. E hanno tradotto il tutto in un film duro, avvincente, realistico, di uomini, sangue, sudore e amicizia, che ti coinvolge senza esprimere giudizi o prendere posizione. Tutto sembra possibile, dipende solo dalla strada che il fato ha deciso per te. E Malamadre è uno di quei “cattivi” destinati a rimanere marchiati nella memoria.