BASILICATA COAST TO COAST

di Sandro Calice

BASILICATA COAST TO COAST
di Rocco Papaleo, Italia 2010 (Eagle Pictures)
Alessandro Gassman, Paolo Briguglia, Max Gazzè, Rocco Papaleo, Giovanna Mezzogiorno, Claudia Potenza, Michela Andreozzi, Antonio Gerardi, Augusto Fornari, Gaetano Amato


“Ba Ba Basilicata, Ba Ba Basilicata, tu che ne sai, l’hai vista mai, Basilicata is on my mind”, cantava Papaleo già qualche tempo fa. E ora ce la fa sapere e vedere quella Basilicata che lui ricorda e ama, un non-luogo fatto di ragazzi che sognavano e che hanno bisogno di tornare a farlo.

Nicola (Papaleo) di mestiere insegna matematica in un istituto d’arte a Maratea, per passione è musicista. Quand’era giovane aveva sempre desiderato partecipare al festival del teatro-canzone di Scanzano Jonico, poi il matrimonio, l’età, gli impegni... Ma quasi per caso l’idea torna in una calda estate. Nicola lo dice agli amici di sempre, una band composta da Salvatore (Briguglia), malinconico chitarrista con una vita in sospeso, Franco (Gazzè) falegname con la passione del contrabbasso e della pesca di pesci che non mangia, che ha smesso di parlare dopo una delusione, e Rocco (Gassman) divo televisivo di una stagione, celebre solo nel paese, che fa finta di suonare le percussioni ma fa scena. L’idea “epica” è di andare da Maratea a Scanzano, coast to coast dal Tirreno allo Ionio, a piedi, chè in macchina anche andando piano in un’ora e mezza sei già arrivato. A loro si unisce per caso e malvolentieri Tropea (Mezzogiorno), giornalista di un periodico locale in cerca di identità. Caricato l’essenziale, compresi i pannelli solari per il computer, su un carretto trainato da un ronzino, partono. E come sempre capita in questi casi, il viaggio sarà più importante della meta.

“Basilicata coast to coast” è una commedia gentile, sincera, mai sopra la righe, in cui Papaleo, al suo esordio come regista, ci ha messo quello che ama: il teatro-canzone, che frequenta con impegno e passione da anni, la musica, con la mano raffinata della jazzista Rita Marcotulli, e la sua terra. Che è la Basilicata coi suoi paesaggi incantati e i suoi paesi magici (“tu che ne sai, l’hai vista mai”), ma è anche un non-luogo nel senso che rappresenta il lato buono, onesto, sognatore del sud, di tutto il Sud. Per questo non è un documentario, ma il palcoscenico di una recita che, dice lo stesso regista, nelle sue intenzioni è stata come una canzone, in cui lui ha scritto note e poi ha chiamato i suoi amici a suonarle. E rispetto alle tante volte che un regista dichiara intenti che poi lo spettatore non ritrova, stavolta è così: si ha proprio la sensazione di un gruppo di amici (gli attori, oltre che i protagonisti) che si sono divertiti a raccontare, e cantare, una storia divertente. Una storia che dice anche molto della voglia di Papaleo di dire a se stesso e al suo Sud che i sogni sono vitali e vanno conquistati, provarci almeno. O, per dirla con un suo ricordo: “Mio zio negli anni ’60 è partito per Parigi con degli amici a bordo di una Seicento. Sono arrivati e si sono accampati per una notte. Poi sono tornati indietro. Ha un senso tutto questo? No, ma evidentemente per loro era una cosa necessaria”.