A che punto è l’Università?
Noi avevamo tutte le strutture distrutte, ma l’Università, non si è mai fermata, ha continuato a funzionare. I collegamenti in rete erano stati ripristinati dopo tre giorni. E da lì abbiamo ricostruito l’università. Abbiamo affittato alcuni capannoni industriali per alcune facoltà purtroppo il centro storico è distrutto. Ci siamo spostati in una struttura private dell’ex Telecom . L’attività didattica è ripartita il 19 ottobre, giorno per me memorabile perché pochi credevano che saremmo ripartiti. Mancano ancora interventi sui laboratori e centri di ricerca e credo che da questo punto di vista possono avere testimonianza di quello che abbiamo realizzato. Certo non mancano i disagi. La facoltà di Lettere è a Bazzano ed è molto disagevole, ma avevamo soltanto quella prospettiva.
Ci sono state nuove iscrizioni?
Sì, 5.250 nuove matricole. Abbiamo 20.600 iscritti. Mi ricordo quando siamo ripartiti e abbiamo rifatto il bando, molti mi chiedevano “perché lo fai?”, forse è inutili, c’erano previsioni fosche, si parlava di massimo 5 mila studenti. Devo dire che questo non si è verificato.
Quanto ha inciso l’esenzione dal pagamento delle tasse?
Penso che abbia inciso. Però vede non paghiamo cifre esose. Se fosse stata una realtà così in difficoltà in realtà non avremmo avuto iscritti. Ha contribuito, ma non è stato determinante. La scelta che dietro è un’opzione che riguarda il lavoro che abbiamo fatto in passato per gli studenti già iscritti e per i giovani per il nome che ci siamo fatti in questi anni di efficienza, di risposta ai nostri studenti.
Non pagano le tasse tutti gli iscritti o solo quelli che hanno la residenza all’Aquila?
No, nessuno paga, anche quelli che vengono da fuori della provincia. Ho fatto un accordo con il ministro per tre anni i nostri studenti sono esonerati dal pagamento delle tasse.
Tra i nuovi iscritti quanti sono aquilani?
Su 20 mila ne abbiamo iscritti 9 mila. Purtroppo abbiamo 8 mila studenti pendolari che non hanno residenza all’Aquila. Questa è una nostra difficoltà. Ma riguarda il diritto allo studio. Mi auguro che si risolva. Non è accettabile che uno studente passi 4 ore sull’autobus per venire all’Università. Senza considerare il traffico. Le strade sono bloccate per arrivare ai centri di studio.
Disagi anche per i professori. L’organico è rimasto invariato?
Solo pochi sono andati via, ma perché si sono dovuti trasferire.
Oltre 20 mila iscritti, però non è detto che tutti frequentino le lezioni.
C’è l’obbligo di frequenza in tutte le facoltà. Anche perché su 9 facoltà 7 sono scientifiche. Le lezioni sono seguite, le aule affollate. Non c’è un vuoto nella partecipazioni.
Avete avuto aiuti dall’Ue?
Pochissimi. Per lo più gli aiuti da grandi gruppi industriali (Eni, Total, Finmeccanica). Si tratta di contributi in investimenti. Si impiegheranno queste risorse per creare opportunità di sviluppo per la città e per l’Università, il cui ruolo è strettamente legato all’Aquila.
E’ ancora la quarta Università d’Italia?
Nel frattempo siamo cresciuti. La graduatoria si stabilisce in base al rapporto tra studenti e cittadini, che purtroppo sono diminuiti. Probabilmente ora siamo al secondo posto, perché non abbiamo più il riferimento dei 65 mila abitanti di prima del sisma. Ma non è un vantaggio di cui sono particolarmente orgoglioso.
Cosa si aspetta dagli Enti locali?
Come Rettore dico che bisogna fare di più per quanto riguarda il “diritto allo studio” (residenze, mense, trasporti). Da cittadino dell’Aquila che ha perso la casa, tra l’altro, dico che c’è ancora molto da fare. Il centro storico è rimasto tale dal sisma, non si è fatto nulla da un anno a questa parte. Le case realizzate non hanno un’identità cittadina, hanno un significato relativo all’emergenza. Forse si poteva spendere meno per le case provvisorie, e mandare avanti il recupero del centro.
Cosa manca all’Aquila per ripartire, secondo Lei?
I soldi. Lo so perché ne ho parlato con i rappresentanti del governo locale che qui abbiamo pochissimi soldi. Il centro storico comporta un impegno di risorse che va dagli 8 ai 10 miliardi per essere ricostruito. Anche perché è necessario, a mio avviso, mettere la “tassa di scopo”, che noi aquilani abbiamo pagato per tutti le altre tragedie che si sono verificate in questo Paese. Non capisco perché non si debba una tassa di scopo per quanto riguarda noi.