di Mario Papetti
I formaggi italiani "sbancano" la Francia togliendo una fetta di mercato ai vari Camembert, Brie e Roquefort. Le esportazioni Made in Italy sono infatti aumentate del 10% mentre le esportazioni dei formaggi francesi in Italia sono diminuite mediamente del 5-7%. I dati, Istat, sono relativi ai primi undici mesi del 2009.
Nel 2008 l'Italia esportava, infatti, meno di quanto importava (41,4 milioni di chili rispetto a 40,8 di chili esportati). Nel 2009 è cambiato il trend: esportiamo più di quanto importiamo (44,8 milioni di chili rispetto ai 39,2 milioni importati).
Ma sempre bassi i prezzi alla stalla
In Italia i formaggi censiti dalle regioni sono ben 460. A questi si aggiungono i 37 a denominazione di origine protetta (Dop) riconosciuti dalla Ue. La Francia è però in netto vantaggio (45 ricoscimenti) anche se, con oltre 400 mila tonnellate, la produzione casearia italiana tutelata è quaso il doppio di quella francese.
Il successo nei confronti dei concorrenti francesi non ha migliorato, come sostengono gli imprenditori, la situazione degli allevatori che stanno "affrontando la più grave crisi degli ultimi venti anni a causa dei bassi prezzi riconosciuti alla stalla".
La sofferenza dei nostri allevatori è da addebitarsi, secondo la Coldiretti, a due gravi furti che danneggiano l'agricoltura italiana: quello del valore aggiunto per effetto delle speculazioni lungo la filiera e quello di identità a causa dell'inganno dei prodotti spacciati come Made in Italy che non hanno nulla a che vedere con il territorio nazionale. Ed è lunga la lista dei formaggi italiani ma anche francesi oggetto di imitazione. Per l'Italia i più clonati sono il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Provolone, l'Asiago, il Gorgonzola, la Fontina, il Pecorino Romano, Sardo e Toscano mentre i più imitati formaggi francesi sono il Roquefort, il Mont D'or, il Cantal, il Munster, il Neufchatel, il Reblochon, il Brie e il Camembert.
Export continua a migliorare
Fortunatamente nonostante la clonazione, l'export italiano di formaggi nei primi 11 mesi del 2009, in base ai dai Istat e Assolatte, è miglioratoed ha fatto registrare un incremento del 3,2% rispetto al 2008. Nel dettaglio i dati positivi delle vendite all'estero riguardano essenzialmente Grana Padano e Parmiggiano Reggiano (+4,3%), mozzarelle e altri formaggi freschi (+7,3%). Ancora in discesa, purtroppo, l'export di altri formaggi come il Provolone, il Pecorino Romano, il Fiore Sardo, il Gorgonzola e il Taleggio. Nonostante il dato negativo di questi formaggi il saldo import/export nei primi 11 mesi del 2009, è risultato in attivo in quanto il valore delle nostre esportazioni ha superato di ben 147 milioni di euro quello delle importazioni.
Formaggi Dop: fatturato 4 miliardi
In Italia i caseifici sono 1773, dislocati su tutto il territorio. La regione leader è la Campania con 431 imprese, seguono la Puglia con 249: Emilia Romagna (220); Lombardia (113); Veneto (82) Lazio (76); Piemonte (72); Toscana (61) Sardegna (58); Basilicata (49) Sicilia (48); Molise (45); Abruzzo (36);Trentino Alto Adige (27); Friuli Venezia Giulia (13); Umbria (12); Valle d'Aosta (12); Marche (10) . La produzione di formaggi Dop e di circa 400 mila tonnellate mentre il fatturato sfiora i 4 miliardi di euro.
Le radici nella transumanza
I più importanti formaggi italiani si rifanno ancora oggi, nei nomi e nelle caratteristiche, mantenuti anche dall'attuale produzione industriale, alla tradizione della transumanza stagionale, soprattutto bovina, nata e perdurata per sfruttare gli alpeggi in quota lasciando libere per l'agricoltura le fasce di fondovalle. La distinzione tra formaggi d'alpeggio, ricavato conil latte grasso munto nelle zone in cui il pascolo è migliore sia sul piano nutrizionale che su quello degli elementi aromatici, e "stracchini" con scarsa materia grassa, ricavati originariamente da un latte munto da munte stanche ("stracche") per il ritorno dalla transumanza o per la permanenza in stalla con foraggio meno valido (fieno, fogliame), è ancora oggi evidente nelle produzioni. Non stupisce, quindi, che si possa cercare nel complesso mondo protostorico della transumanza, con la sua cultura, la sua economia, le sue tecniche, i suoi miti ed i suoi riti, la lontana origine dell'articolata produzione casearia di oggi.