Yehoshua: volevo essere De Amicis

Incontro con lo scrittore a Libri Come, la Festa del libro e della lettura yehoshua_296

di Raffaella Miliacca

Quello con Abraham Yehoshua è stato senz’altro uno tra gli appuntamenti più attesi all’Auditorium di Roma, nell’ambito di Libri Come, la Festa del libro e della lettura.

Lo scrittore israeliano, sostenitore del dialogo tra israeliani e palestinesi, e molto amato in Italia, è stato invitato a raccontare la sua scrittura. In realtà, secondo lui, non bisogna occuparsi eccessivamente dell’autore, conoscere particolari della sua vita: questo, dice, crea una specie di sipario tra libro e lettore. “Quando si legge, il libro non appartiene più a chi lo ha scritto, si deve creare un rapporto intimo tra lettore e racconto”.

“Se ho cominciato a scrivere lo devo al libro “Cuore”, di De Amicis. Quando avevo 5-6 anni, mio padre me lo leggeva, sempre lo stesso racconto. E io piangevo. Volevo diventare come De Amicis, volevo far piangere le persone”. In realtà, spiega Yehoshua, “la mia idea non è far piangere, ma divertire e, quando ho cominciato a scrivere, ho creato una storia immaginaria, divertente. In ogni caso, la cosa importante è la reazione del lettore”.

“Il mio primo romanzo, dice, l’ho scritto a 40 anni. Ho cominciato scrivendo racconti, pensavo di non avere un vocabolario ampio. I racconti consentono di creare un rapporto intimo con la lingua”.

Yehoshua parla della sua generazione di scrittori israeliani, nata negli anni ’50. “Ci siamo concentrati sull’individuo, racconta, fino al ’67, quando i nostri confini erano certi. Poi, dopo la guerra dei 6 giorni, la mappa del nostro Paese è cambiata. Questo è stato fatale, dall’esperienza dell’individuo, siamo ritornati alla Storia”. “Come scrittori, abbiamo una responsabilità nei confronti dell’esistenza dello Stato d’Israele”, spiega.

Lavorare con gli storici racconta, è stato molto piacevole. “Si imparano tante cose. La storia è molto importante per avere una prospettiva più ampia, per cambiare e per correggerci”. Infine, lo scrittore spiega perché, secondo lui, la letteratura israeliana è così apprezzata. “Viviamo una situazione drammatica, ma al contempo viviamo nella modernità. Questo materiale conflittuale arricchisce la nostra letteratura”.