DALI
Conosciuta anche come Yucheng, la città di Dali, le cui origini risalgono al 700 d.c., è appoggiata alle pendici del monte Cangshan, che fa da spartiacque con il Tibet.
L’attuale Dali fu fatta edificare nel 1382 sotto la dinastia Ming, ed è perfettamente conservata. Circondata da spesse mura di cinta, con una porta d’ingresso su ogni punto cardinale, la città è tutta costruita in pietra, intorno a due viali ortogonali che la dividono in 4/4.
Dali è un luogo pieno di fascino e di silenzio, fiori ovunque, pulizia certosina, ristorantini minuscoli e alberghi di charme, anche se le nuove pizzerie ed i disco pub cominciano a snaturarne la vocazione quasi ascetica. Le tre pagode collocate all’interno del tempio Chongsheng, tre torri coniche visibili da lontano (la più alta misura 70 metri), sono il biglietto da visita di Dali. Che, seppur circondata dal monti alti 5000 metri, gode di un clima subtropicale temperato tutto l’anno, mitigato anche dall’immensa superficie del lago Erhai, sulle cui sponde la città è stata edificata. L’etnia principale del luogo, quasi un terzo della popolazione, è quella dei Bai.
LIJIANG
A circa 200 chilometri da Dali, situata alla giunzione fra Yunnan, Sichuan e Tibet, si trova Lijiang, una città bomboniera che è stata distrutta da un terremoto nel 1996 e ricostruita perfettamente in pochi anni. Su di essa il governo cinese ha investito molto, con l’intenzione anche di ricavarne molto. Infatti Lijiang (l’antica Dayan), che ha quasi mille anni di storia sulle spalle, è stata trasformata in una sorta di Disneyland, una infernale macchina attira turisti, che la invadono, violentandola quotidianamente, né più né meno della nostra Venezia.
I rumori dei disco-pub, delle decine di ristoranti e delle centinaia di negozi pieni di paccottiglia, hanno stravolto il senso della sua antica bellezza, che necessita di silenzio per esprimere il suo splendore. Ciò non toglie che la parte vecchia della città sia comunque un luogo meraviglioso, da visitare possibilmente la mattina presto, quando le torme di turisti ancora non invadono le sue stradine tortuose, che costeggiano canali ombreggiati da salici piangenti, attraversati da ponti in legno e pietra.
Il centro storico di Lijiang è una sorta di città delle bambole, con costruzioni basse in pietra dai tetti a coda di rondine, il cui principale elemento di arredo sono i fiori, sempre freschi e coloratissimi. La sua bellezza antica e misteriosa è avvolgente, e i suoi ritmi rallentati, quasi sconosciuti agli occidentali, danno l’idea di come la vita, in questo angolo del mondo, possa essere vissuta senza mettere a rischio ogni giorno le coronarie.
L’ambiente fiabesco da paesino di Heidi viene però sconvolto nel primo pomeriggio, quando le strade si affollano come Via del Corso all’ora di punta, trasformando Lijiang in un angolo remoto d’occidente, e di quello peggiore. Non ne se ne sentiva il bisogno.