di Maurizio Iorio
La Cina, da quando è diventata ufficialmente “occidente”, e ha aperto le frontiere al turismo di massa, che va ad aggiungersi a quello interno, che fa già gran massa di suo, ha cominciato ad investire pesantemente nel settore, ben sapendo che il turismo è una di quelle industrie che rendono fino a cento volte il denaro impegnato.
E se fino a poco tempo fa l’iconografia classica del Dragone Cinese è rimasta immobile per anni (Pechino, Shanghai, la Grande Muraglia, Guilin, Xian), il miglioramento della rete dei trasporti e delle condizioni di vita ha consentito di scoprire i mille angoli remoti di un paese immenso e variegato, affascinante e contraddittorio, dove le numerose etnie che lo compongono riescono a sopravvivere senza prevaricarsi a vicenda, grazie anche, paradossalmente, ad un potere politico forte, in grado di soffocare sul nascere ogni tentativo di rivendicazione di autonomia.
Il caso dei disordini di Urumqi, capitale dello Xinjiang, dove le rivolte dell’etnia degli Uiguri sono state represse nel sangue, ne sono l’esempio più recente e significativo. Ma nello Yunnan le 25 minoranze etniche che vi abitano convivono pacificamente da sempre fra di loro e con il governo centrale. Ed hanno potuto mantenere intatti usi, costumi, religioni e lingue proprie. Gli Yi, i Dai, i Naxi, gli Hani, i Bai, sono etnie che conservano tradizioni millenarie, ma non vivono nel Medioevo.
Piuttosto sono riusciti ad integrarsi perfettamente in un mondo che cambia alla velocità della luce, in un connubio esaltante di tradizione e modernità. Visitare i loro villaggi, godere della loro incredibile ospitalità, curiosare per i coloratissimi mercati ortofrutticoli, è un’esperienza quasi onirica. Ed è ancor più incredibile osservare i contadini che girano con la gerla a tracolla ed il telefonino, simboli viventi della forza centripeta che avvicina i bordi del mondo al suo centro.
E’ questa una delle centomila Cine, sconosciute ai più, con i suoi luoghi fuori dal mondo e dal tempo, posti dove il progresso è già arrivato, la locomotiva dell’economia va a pieno vapore, e dove il turismo comincia a diventare il volano della riconversione ecologico-industriale. Lo Yunnan è una provincia situata ai confini sud-occidentali dell’ex-impero celeste, e costituisce l’esempio più eclatante di questa capacità di convivenza pacifica che mutua molto dalla filosofia buddista, che impregna la maggior parte della popolazione.
Lo Yunnan confina ad occidente con le prime propaggini dell’Himalaya, a sud e ad est la Birmania, il Laos, il Vietnam. Clima sempre temperato, (siamo sotto al tropico), morfologia composita: il vasto altopiano (sui 2000-2500 metri) che occupa tutta la regione è sovrastato da catene montuose che sfiorano i 5.000 metri, e degrada lentamente nella vasta area sub-tropicale dello Xishuangbanna, ai confini con l’Indocina. Con le montagne che lo difendono dalle perturbazioni che arrivano da nord, lo Yunnan possiede un clima invidiabile, non a caso vi si coltiva il miglior thè della Cina. I campi terrazzati di Honghe, ad esempio, sono i più vasti e spettacolari del mondo. E’ per questo che il governo cinese ha deciso di chiudere tutte le miniere e le fabbriche siderurgiche che ne appestavano l’aria, e destinare la regione al turismo di massa, per ora soprattutto interno, ma con grandi potenzialità di incoming dall’estero.
Kumming, la capitale, 5 milioni di abitanti, un conglomerato di cemento in stile tardo-sovietico, detta la “città dell’eterna primavera” per il suo clima temperato, a sole tre ore di volo da Shanghai, è la base di partenza per un giro nello Yunnan, servito ormai da una buona rete stradale e da aeroporti di nuova costruzione.
Ci sono due luoghi, nello Yunnan, che valgono da soli il prezzo del biglietto e la lunghezza del viaggio: Dali e Lijiang. Entrambe appoggiate ai piedi delle montagne, sono due bomboniere fatte di vecchie abitazioni, strade lastricate, edifici con tetti a coda di rondine, antichi templi, canali ombreggiati da salici, piccoli alberghi di charme. Se ad un primo impatto sembra di essere in un luogo fatato in cui il tempo s’è fermato, la musica proveniente dai disco-pub e le pizzerie Bellanapoli ci ricorda che il XXI secolo è arrivato anche li. Per fortuna e purtroppo.