L’elevato livello qualitativo raggiunto negli ultimi venti anni dai più famosi vini rossi italiani, tra cui l’Aglianico, dipende anche da importanti studi e ricerche che hanno impegnato agronomi ed enologi di livello. Una delle cause della differenza di stile che si riscontrava tra i vini francesi più importanti e i nostri vini tradizionali era proprio dovuta alla carenza di conoscenze scientifiche sulla composizione chimica delle uve e sulla migliore tecnica enologica “varietale”, relativa cioè alla singola varietà di uva. A partire dal 1994 con il supporto finanziario della Regione Campania furono avviate diverse ricerche enologiche sulle uve autoctone regionali presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli. Sull’Aglianico, che naturalmente tra quelli a bacca rossa è il più importante, dopo circa sette anni di studi, è stato possibile trarre alcune indicazioni.
La scienza dell’Aglianico. Più che con altre uve con questo vitigno è fondamentale lavorare nel vigneto utilizzando pratiche agronomiche (infittimenti e diradamenti mirati) che riescano a portare l’uva ad una completa e, soprattutto, omogenea maturazione. La concentrazione in polifenoli (che tanto fanno bene da un punto di vista salutistico), il pH e la complessità aromatica sono parametri correlati con l’età della vigna e sono risultati più stabili in uve provenienti da vigne di maggiore età. Il potenziale in antociani e in tannini dell’Aglianico è risultato notevole, tuttavia la gestione di questi componenti durante la vinificazione è difficile e infatti è facile ottenere risultati negativi. È necessario favorire la solubilizzazione degli antociani limitando l’estrazione dei tannini (i principali responsabili delle durezze di un vino) dalle bucce e dai vinaccioli. Si è dimostrato che la buccia di acini di Aglianico perfettamente maturi è molto ricca in antociani e in tannini di natura complessa. Macerazioni lunghe (21-27 giorni) e a bassa temperatura (25-26°C) oppure corte (2-3 giorni) con temperature iniziali elevate (anche 38°C), con svinatura in corrispondenza del massimo accumulo di antociani, sono varianti tecnologiche risultate complementari e utili ad una gestione programmata del potenziale polifenolico dell’Aglianico. Inoltre in funzione della composizione dell’uva al momento della vendemmia e del tipo di vinificazione programmato una influenza importante è esercitata dalla periodicità e dall’intensità delle operazioni di omogeneizzazione del mosto-vino (rimontaggi, follature, risvuotaggi). La scelta dei legni di maturazione (barrique o botti grandi), rispettoso dello stile aziendale, è sempre difficile e prevede un progetto che parte dalla vigna. Si è visto, per esempio, che l’utilizzo della barrique fornisce un contributo significativo alla stabilizzazione del colore e accelera i processi di combinazione tra vari elementi che porteranno verso una maggiore morbidezza. La materia prima deve essere di grande fibra, capace di “digerire” il legno, ossia offrire, dopo la conservazione in esso, un impatto sensoriale in cui le percezioni del contenitore non prevalgano sulla complessità aromatica che il vitigno riesce ad esprimere.
Profumi di Taurasi, Taburno e Vulture. Le tre zone principali di produzione, Taurasi (in provincia di Avellino), Taburno (in provincia di Benevento) e Vulture (in provincia di Potenza nella vicina Basilicata), ovviamente forniscono vini con profili sensoriali differenti di Aglianico. Nella versione Taurasi il colore è rubino con riflessi purpurei, l’odore è speziato, di tabacco, chiodi di garofano, pepe nero, petali di rosa secchi, già a pochi mesi dalla vendemmia ma i tannini sono di difficile gestione, anche per una acidità del vino ancora sostenuta alla fine delle fermentazioni alcolica e malolattica. Per tale motivo il Taurasi è, tra i tre, quello che necessita di maggior pazienza, di un tempo di maturazione più lungo (almeno 24 mesi) e di una grande attenzione durante la fase di macerazione, mirata ad evitare l’estrazione di tannini sensorialmente sgradevoli (presenti essenzialmente in strutture vegetali immature). L’Aglianico del Taburno, detto anche Amaro, se ottenuto da vigneti ben gestiti e con una appropriata tecnica enologica, si presenta abbastanza simile a quello di Taurasi, anche se il quadro aromatico è meno speziato e più fruttato con note che evocano more e ribes nero. L’Aglianico del Vulture, invece, è leggermente più concentrato e morbido degli altri due. Esso presenta aromi di violetta, di ciliegia matura, tabacco ed un equilibrio gustativo di più facile e rapida realizzazione, anche per una diversa conduzione del vigneto nel Vulture, impiantato ad alberello e molto fitto.
Il lavoro svolto in questi anni ha fornito un contributo significativo all’avanzamento delle conoscenze sul vitigno Aglianico con interessanti ricadute applicative. Tuttavia è necessario continuare tali ricerche per conoscere meglio l’uva a livello molecolare ed individuare la combinazione vinicolo-enologica ottimale per una completa espressione del suo potenziale qualitativo. Ciò allo scopo di potenziare l’origine sensoriale dell’Aglianico e rafforzare l’identità territoriale di ciascuna delle sue denominazioni. Tale strategia, sicuramente più lunga e difficile, è certamente più entusiasmante e tra le più valide da contrapporre ad una omologazione generale del gusto del vino e ad una vera e propria confusione sensoriale che investe alcuni vini storici.
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