“Ho ancora nei miei occhi gli sguardi di quei bambini che potevano tornare tra i banchi di scuola, a disegnare, imparare, leggere, giocare, dopo settimane di buio. E’ il ricordo che mi accompagna da giorni, da quando sono tornata in Italia. Mi ha segnata e credo per sempre”. Annalisa Signorile, capitano della riserva dell’Esercito italiano, da anni è impegnata nel volontariato della Protezione civile.
I drammi, quelli che segnano un territorio e la sua gente, li ha condivisi tutti. Afghanistan, Iraq, Umbria, Sarno, L’Aquila, San Giuliano, Kosovo. Alla lunga lista di “servizio per gli ultimi” si è aggiunta anche Haiti, sconvolta dal terremoto dello scorso gennaio. E’ rimasta al fianco di decine di operatori della Protezione Civile per oltre tre settimane.
Partita con l’Anpas (Associazione di pubblica assistenza della Regione Emilia Romagna) si è catapultata tra le macerie di Port-au-Prince. Nei suoi occhi, quando parla della sua quotidianità haitiana, si vedono ancora i cadaveri all’interno di camion improvvisati e buttati per strada, su un cumulo di altre vite spezzate.
“Anche questa scena è stata drammatica. Vedere trattare così dei corpi dilaniati dal terremoto. Buttati lì in un angolo, senza il minimo rispetto di una vita spezzata. Sembrava che gli haitiani scaricassero patate. Erano invece bambini, donne, uomini”. Che cosa ha rappresentato per Haiti il sisma di gennaio?
“Ha solo scoperto il vaso di quello che è questo posto. Tanto vicino a Santo Domingo ma così distante da quello che dovrebbe essere un luogo dove vivono persone. Un posto dimenticato dagli uomini, dove vi è una coltre di sporcizia, resti di cadaveri, macerie, ratti, che coprono intere aree, come la neve d’inverno. Il terremoto ha solo mostrato al mondo che Haiti esiste. I problemi qui ci sono sempre stati. Gente che non ha mai avuto una casa, abituata e costretta a dormire per strada, tra i topi che divorano ogni cosa. Pochissima attenzione alle necessità mediche, nessun rispetto dell’essere umano. Spero solo che oggi i riflettori accesi sulla sciagura del sisma non facciano dimenticare che Haiti esiste e va trattata da Stato quale è”.
Signorile, che certamente non è nuova a queste scene di degrado e distruzione, non risparmia critiche al genere umano, quello che non dovrebbe permettere “che un posto così vicino a Santo Domingo, dove i turisti si immergono in un paradiso a cielo aperto, possa essere ignorato e non aiutato”.
“Non bisogna dimenticare il lavoro che si sta ancora svolgendo. Parlo di quello delle centinaia di volontari della Protezione civile, quelli che si sono immersi nel lavoro duro di oltre 15 ore al giorno, tra macerie, tende da allestire, assistenza ai bambini, alle scuole, agli ospedali. Questi volontari, noi volontari, credo possano essere la spinta a far capire che Haiti deve andare avanti, costruita prima di essere ricostruita”.
La passione per il suo “lavoro” di volontaria ha spinto Signorile a lanciare la candidatura di volontari della Protezione civile al Premio Nobel per la pace. Candidatura appoggiata dal mondo civile e da due università italiane. Approdata alla Commissione del Nobel di Oslo, Signorile e migliaia di volontari attendo il buon esito della candidatura, un passo importante per ricordare che la pace passa anche per la crescita economica, culturale e sociale dei popoli.